Martedì 23 Aprile 2024

Centrodestra in crisi di nervi, salta il summit

Milano, Salvini parte prima dell’arrivo della Meloni. Tensione per un’intervista (smentita) di Berlusconi critica nei confronti degli alleati

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di Antonella Coppari

È il solito copione? No, è il contrario: tradizionalmente, i formicai politici impazziscono dopo le elezioni. Uno schieramento che esplode alla vigilia dell’apertura delle urne, però, non si era mai visto. Eppure, questo sta succedendo in una coalizione di centrodestra in cui nessuno appare più in grado di reggere il timone e, anzi, sembra che il timone neppure esista più. Per descrivere il caos c’è solo l’imbarazzo delle scelta. A Milano capita che Meloni e Salvini si manchino alla conferenza stampa congiunta a sostegno d Luca Bernardo. Lei ha l’aereo in ritardo, lui un treno in partenza per Roma: così, dopo aver atteso un po’, se ne va lasciando Antonio Tajani, Maurizio Lupi e l’aspirante sindaco soli sul palco.

Dopo aver provato inutilmente a fermarlo, Ignazio La Russa butta lì: "Sono due pazzi: uno che scappa e l’altra che arriva. Ma voglio bene ad entrambi". Si racconta di una certa irritazione dentro Fd’I, ma Salvini e Meloni assicurano: "Nessuna tensione". Ci riprovano oggi a Roma: i big sono attesi per la chiusura della campagna di Enrico Michetti. In circostanza diverse si sarebbe trattato solo di un grosso incidente. Qui, invece, assume i caratteri dell’episodio rivelatore del nervosismo a destra. Diffusa è la consapevolezza di aver sbagliato molti candidati come il timore di perdere, tanto che se a Milano si combatte non per vincere ma per arrivare al ballottaggio, a Roma si cerca di scontare il fatto che una parte dell’ elettorato voterà un candidato di sinistra ( Carlo Calenda).

All’origine ci sono clamorosi errori di valutazione: il punto è che la competizione interna ha fatto premio su tutto, e i risultati sono conseguenza diretta di quel morbo originario. In questo quadro, cala come una mannaia un colloquio con Berlusconi pubblicato dalla Stampa: "Siamo sinceri: ma se Draghi va a fare il presidente della Repubblica, poi a chi dà l’incarico di fare il nuovo governo? A Salvini? Alla Meloni? Ma dai, non scherziamo". Il Cavaliere smentisce ma anche in questo caso, se il contesto fosse diverso, si potrebbe parlare solo di una gaffe e di una classica "dichiarazione rubata". A ingigantire il tutto c’è la consapevolezza unanime che non solo l’ex capo del governo queste cose le pensa davvero, ma che nella coalizione molti ragionano come lui. E pure nella Lega, se tutti accetterebbero comunque la presidenza del Capitano, quasi nessuno quella dell’alleata Giorgia. Se il copione appare rovesciato alla vigilia, quando di solito tutti ostentano concordia, non è detto che questo si ripeta dopo il voto. Al contrario è probabile che il test delle urne moltiplichi l’impazzimento aprendo la strada a un’ipotesi finora remota: quella di un sistema elettorale proporzionale, sempre rifiutato dal Carroccio.

Sì perché Salvini era convinto di aver tutto da guadagnare da un ritorno al voto con la legge delle ultime politiche ma non è detto che dopo lunedì sarà ancora vero. Ad avvantaggiarsene sarebbe soprattutto il partito trasversale che lavora per mantenere Draghi a Chigi ben oltre le prossime politiche. E su cui ieri sera il Capitano emanava l’anatema: "L’ex presidente Bce fino al 2026? Ma che siamo scemi? Hanno problemi i popoli che hanno bisogno di eroi. Giorgetti la pensa diversamente? Dice che è stato frainteso. Lo è stato lui, poi Brunetta e Berlusconi. Ma mia madre diceva che se qualcuno non capisce è colpa tua, perchè tu ti esprimi male".