Centrodestra a caccia di candidati Nei sondaggi Fd’I tallona la Lega

Per Milano cresce il pressing su Albertini che scioglierà la riserva domani. La coalizione vale quasi il 50%

di Ettore Maria Colombo

"Sono al lavoro per unire. La partita (delle amministrative, ndr) la chiudiamo in fretta e dappertutto" dice, e ripete, a ogni pie’ sospinto, Matteo Salvini. "Da parte nostra, nessun veto", ribatte Giorgia Meloni. I due ‘gemelli diversi’ del centrodestra – Matteo e Giorgia, leader di Lega e Fd’I – provano a seppellire l’ascia di guerra e tornano a parlarsi. Meloni, Tajani e Salvini si vedranno, finalmente, dopo molti mesi, mercoledì prossimo per sbloccare un tavolo, quello sulle prossime comunali, che gli sherpa dei tre partiti (Locatelli e Crippa per la Lega, La Russa, Donzelli e Lollobrigida per Fd’I, Gasparri e Ronzulli per FI), più quelli dei due partiti minori (Quagliariello per Cambiamo! di Toti, De Poli per l’Udc), l’altro giorno hanno soltanto sminato. Confermate le candidature dei sindaci uscenti in città come Pordenone e Trieste, e di fatto assegnata la Calabria a FI per l’attuale capogruppo alla Camera, Roberto Occhiuto, la panoramica sui 130 comuni al voto è stata "positiva", dicono tutti i partecipanti, ma non certo esaustiva. Il nodo riguarda tre città chiave: Roma, Milano e anche Bologna.

La vittoria – con una ‘base d’asta’ che, per il centrodestra, parte come minimo dal 40%, a stare a tutti i sondaggi (la supermedia di Youtrend vede Fd’I in crescita al 18,5% a un passo dal Pd, Lega quasi al 22%, ma in leggero calo) – è a portata, se non fosse per il ‘neo’ dei nomi dei candidati. Ecco perché il pressing su nomi già noti – l’ex sindaco Gabriele Albertini a Milano e l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso a Roma – è tornato assai asfissiante. Torino e Napoli, invece, sono già state assegnate: l’imprenditore civico Paolo Damilano, sotto la Mole, è in corsa da mesi; a Napoli, è in campo il pm Catello Maresca.

La parola d’ordine di Lega e Fd’I resta ed è di puntare su nomi civici e, cioè, non legati a ristrette logiche di partito. Spiragli si vedono a Milano. Albertini, due volte sindaco, con una lettera aperta aveva detto di no, "mia moglie non vuole", ma ora si è auto-concesso tre giorni per "ripensarci" e fa sapere di aver parlato con Meloni e con Berlusconi: "Ora il quadro è completo, l’appoggio del centrodestra pure, ma mi prendo qualche ora di riflessione. Deciderò sabato (domani ndr)".

Bertolaso, invece, eterno candidato a Roma, non ne vuol sapere. "Meloni, Salvini e Tajani dovrebbero firmare un patto dal notaio sul mio nome" si era lasciato scappare giorni fa. Poi, via Facebook, aveva detto che, in buona sostanza, non dovevano "rompergli le p.". Concetto ripetuto a Salvini che lo ha chiamato più volte.

"Ovviamente, se non c’è Bertolaso, indicare il nome spetta a noi", avverte Meloni, che però ha qualche problema proprio in casa sua. Contraria alla candidatura di Fabio Rampelli, che viene dal mondo dello sport, oltre che della destra romana, e mentre Francesco Lollobrigida scalpita per candidarsi in Regione (dove però si voterà, ormai è chiaro, solo tra due anni) la leader di Fd’I rilancia nomi civici, come l’avvocato Enrico Michetti, che però non convince affatto Lega e Fd’I, ma ora starebbe per cambiare strategia e puntare su un politico. "L’importante è che non siano nomi di esordienti o nomi costruiti in laboratorio", ribattono dalle parti di Forza Italia, dove ritengono Maurizio Gasparri (ex colonnello di An) "un nome autorevole e spendibile". Il quale Gasparri chiede – e da giorni – "un nome di serie A" e lancia nell’agone il coordinatore nazionale, Antonio Tajani. Il quale, però, a sua volta, si limita per ora a rilanciare Bertolaso (e Albertini) e sottolinea che "senza FI non si vince". Il che magari è vero, ma i candidati, in ogni caso, li decidono Salvini e Meloni.