Giovedì 25 Aprile 2024

Alberi come opere d'arte, nasce il censimento nazionale

"Fonti di vita, dobbiamo tutelarli". Iniziativa del Ministero delle Politiche agricole per difendere i fusti monumentali

La roverella delle Checche a Pienza

La roverella delle Checche a Pienza

Roma, 2 maggio 2018 - Tziu Efisiu Sanna amava gli alberi e le parole e quando seppe che un grande esemplare di ginepro licio, dalle parti di Arbus nel sud della Sardegna, sarebbe stato tagliato, decise di impedire simile scempio: costruì una capanna ai piedi della pianta secolare e vi abitò per anni con la moglie, frapponendo il suo corpo, la sua vita, i suoi versi di poeta popolare fra il ginepro e le motoseghe. Tziu Efisiu non c’è più ma l’albero è ancora lì e la gente va a visitare la capanna, nota come la Casa del Poeta, alimentando il mito dell’uomo che salvò l’albero. Questa piccola storia, raccontata in un libro ('L’Italia è un bosco', Laterza 2014) da Tiziano Fratus, il più noto ‘cercatore d’alberi’ d’Italia, può essere presa ad esempio dei legami profondi che uniscono le piante e le persone, con gli alberi protagonisti di storie e leggende, quindi presenze significative nella cultura e nel sentire popolare.

Sarà per l’inquinamento che soffoca la gente di città, sarà per l’asfalto e il cemento che assorbono sempre più ettari di suolo, sarà per le incertezze e una certa cupezza tipiche dei tempi, fatto sta che la presenza, la vita, il futuro degli alberi sembrano suscitare nuove attenzioni: escono libri, cresce il turismo ecologico, emergono personaggi come lo stesso Fratus, teorico della dendrosofia (la saggezza e la conoscenza legate agli alberi), e in aggiunta – ultima notizia in arrivo dal fronte arboricolo – trova finalmente applicazione la legge numero 10 del 2013, che all’articolo 7 disponeva la tutela degli ’alberi monumentali’, prevedendo la realizzazione di un censimento nazionale.

Alla fine del 2017 il ministero delle Politiche agricole ha pubblicato sul proprio sito il primo elenco ufficiale: sono 2.407 piante selezionate sulla base di sette criteri (età e dimensioni; forma e portamento; valore ecologico; rarità botanica; architettura vegetale; pregio paesaggistico; valore storico, culturale, religioso) e destinate ad avere una speciale protezione, oltre che un’apposita segnalazione in loco. Gli alberi monumentali entrano così a far parte del patrimonio storico e culturale del nostro Paese, accanto ai manufatti umani – chiese, palazzi, opere d’arte – come previsto in fondo dall’articolo 9 della Costituzione, che al secondo comma mette tutto insieme: la repubblica «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

Questo eolenco è solo un inizio e andrà di certo arricchito e completato: il ginepro di Tziu Efisiu ad esempio non c’è e si notano, a scorrere gli elenchi regione per regione, assenze eccellenti come la famosa roverella delle Checche a Pienza, in provincia di Siena (presente però nel censimento curato dal defunto Corpo forestale dello Stato nel 1982 e in foto nel sito del ministero), o il Castagno di San Francesco (non di Assisi ma da Paola) sulle pendici della Sila. Fanno parte della lista molti alberi celebri, come - tanto per citarne un paio – il pino che Giuseppe Garibaldi piantò a Caprera alla nascita della figlia Clelia nel 1867 e il gigantesco ficus di piazza Marina a Palermo sotto le cui fronde fu assassinato il 12 marzo 1909 il celebre poliziotto italo-americano Joe Petrosino.

Compare ancora fra i 2.407 anche il magnifico abete trentino abbattuto dal vento e dalle intemperie lo scorso novembre, appena un mese prima della pubblicazione dell’Elenco ministeriale: l’Avéz del Prinzep (Abete del Principe) era considerato l’abete bianco più imponente delle Alpi e forse d’Europa, con i suoi 54 metri di altezza e 4 di circonferenza; si stima che avesse oltre 250 anni. I monumenti arboricoli ufficiali scendono quindi a 2.406, con il malinconico troncone dell’Avéz del Prinzep ridotto a testimone di ciò che questi giganti della natura rappresentano: affascinanti quanto negletti compagni d’avventura, molto più longevi di noi umani ma come tutti soggetti al tempo e agli eventi storici e atmosferici. Ciascun albero ha una sua biografia e relazioni irripetibili con le altre piante, gli animali, le persone. L’accidentale perdita del grande abete di Lavarone è dunque una lezione: l’Italia è un bosco e merita tutte le nostre attenzioni.