Celibato, papa Francesco a Benedetto XVI: non lo tocco

Di fronte alle critiche del predecessore, Bergoglio fa filtrare la sua versione dei fatti. "La posizione degli ultimi pontefici è in continuità"

Benedetto XVI, 92 anni, e papa Francesco, 83 anni (Ansa)

Benedetto XVI, 92 anni, e papa Francesco, 83 anni (Ansa)

Roma, 14 gennaio 2020 - Il caso mondiale anche questa volta è esploso e l’immagine che ne viene fuori è ancora quella di un Vaticano rissoso, un luogo simile a uno stadio con il tifo tra le due squadre del derby, in cui si acutizzano allo stremo i dissidi interni e alla fine si opta per un Papa o per l’altro come se fossero su un menù a la carte e non uno emerito e uno “regnante”. L’uscita a sorpresa, domenica, di Benedetto XVI contro l’abolizione del celibato, oggetto di un dibattito nella Chiesa ma non – per ora – nell’agenda di Francesco, ha spiazzato lo stesso entourage di Bergoglio che ieri è dovuto correre ai ripari per tamponare l’effetto di una ennesima contrapposizione tra i due pontificati che lo schieramento di Ratzinger ha subito avuto in tutto il mondo.

Vatican news ha rilanciato le sottolineature di Andrea Tornielli, spin doctor di Francesco, a proposito del celibato contenute proprio nello stesso libro in cui Ratzinger assieme al cardinale africano Robert Sarah invoca che non si cambino le norme. “Il celibato sacerdotale non è e non è mai stato un dogma – ricorda Tornielli -. Si tratta di una disciplina ecclesiastica della Chiesa latina che rappresenta un dono prezioso, definito in questo modo da tutti gli ultimi Pontefici”. Anche il portavoce Matteo Bruni ha dovuto rincarare l’acqua sul fuoco enfatizzando che la posizione di Bergoglio è nota e non è contraria al celibato. Francesco ha spiegato pubblicamente di prediligerlo, proprio come “dono”, anni fa. Ma l’operazione firmata da Ratzinger e Sarah, già da tempo indicato nei futuristici scenari di conclave come prediletto Successore di Pietro di un ipotetico fronte conservatore, è stata come benzina sul fuoco di un dibattito che nella Chiesa si è riaperto nel “regno” di Francesco, non da ultimo perché è stato tra i temi del recente sinodo sull’Amazzonia, area dove i fedeli non solo scarseggiano ma sono privi per settimane di sacerdoti che officino loro i riti. A giorni, o settimane, Bergoglio uscirà con l’Esortazione post-sinodale, cioè il documento di suo pugno che metterà il sigillo alla discussione sinodo dell’ottobre scorso e darà le indicazioni supreme sulla Regione sudamericana. E’ chiaro che l’uscita a quattro mani del duo Ratzinger-Sarah avviene proprio in previsione della pubblicazione di questo testo: si teme che Francesco apra qualche spiraglio. Benedetto XVI consentì agli anglicani (anche sposati) che volessero tornare nel cattolicesimo di farlo grazie a nuove norme da lui introdotte: ordinariati ad hoc, mai decollati.

Eppure all’epoca nessuno osò insinuare che Ratzinger volesse mettere in discussione il celibato con quella decisione. Francesco, che promuove dibattiti aperti per sopperire alle difficoltà delle chiese e degli episcopati locali, è invece subito messo nel mirino dei conservatori. E non stupisce che a farlo sia stato Sarah che conserva nei suoi confronti vecchie ruggini: non ha mai digerito la sua nomina al Culto divino (il dicastero della liturgia), percepita come una messa all’angolo. Al pomeriggio di ieri ha dichiarato: “Ratzinger ha dovuto rassicurare i disorientati”. La confusione però si alimenta proprio tirando in mezzo il 92enne Emerito, promessosi monaco in preghiera all’atto della rinuncia.