Mercoledì 24 Aprile 2024

Catania, lancia il figlio di tre mesi a terra e lo uccide

Arrestata una donna di 26 anni. Il piccolo è morto in ospedale per le ferite alla testa

L'ospedale Garibaldi di Catania nella foto d'archivio (Ansa)

L'ospedale Garibaldi di Catania nella foto d'archivio (Ansa)

Catania, 3 dicembre 2018  - Ha lanciato con violenza a terra il corpicino del figlio di tre mesi uccidendolo. La madre, una 26enne, è stata arrestata. Il piccolo è morto in ospedale lo scorso 15 novembre, il giorno dopo il ricovero d'urgenza per cercare di salvarlo dalle profonde ferite riportate alla testa. Solo oggi la notizia è stata resa pubblica, dopo che gli agenti del commissariato Borgo Ognina hanno eseguito nei confronti della donna un'ordinanza cautelare in carcere emessa dal Gip, su richiesta della Procura. L'accusa è di omicidio aggravato dall'avere agito contro il discendente. 

HO LA MENTE OSCURATA - La donna davanti al pm si è difesa, ha spiegato che aveva la "mente oscurata" e che non sapeva spiegare cosa fosse successo, ma sicuramente, ha continuato la donna, "non volevo uccidere mio figlio, non ho mai pensato di ucciderlo" perché "io lo amavo". Il suo legale, l'avvocato Luigi Zinno, ha spiegato che la cliente sostiene di "essersi sentita male" e che la sua intenzione era di "gettarlo sul letto e non per terra", che si è trattato di un incidente.

Stesse affermazioni fatte dalla 26enne quando il piccolo fu ricoverato, ed riportate anche nel certificato di pronto soccorso. La madre aveva detto ai medici che il piccolo si era fatto male cadendole accidentalmente dalle braccia a causa di una spinta che si era dato da solo agitandosi. In un secondo momento però, anche grazie alle testimonianze dei parenti, e alla presenza del legale, gli investigatori hanno accertato che la caduta non era stata accidentale, ma che era stata la donna a scaraventarlo con forza a terra. Per la madre, ancora sotto choc, è stata disposta una consulenza neuropsichiatrica. Secondo il gip è evidente la volontà della donna di uccidere il figlio. La donna ora è in carcere a Catania.

LA TRAGEDIA A CASA DELLA NONNA - Il piccolo è stato ferito a casa della nonna paterna della 26enne. La donna non è sposata e il figlio porta il suo cognome. Il legale ha raccontato che è stata la stessa madre a chiedere aiuto. Per prima è arrivata la nonna, 85 anni, e poi suo padre a cui la donna ha raccontato che il piccolo gli era scivolato dalla mani ed era finito a terra. 

IL LEGALE -  "Quel giorno stava male e aveva chiamato suo padre, che era al lavoro, per dirgli se poteva tornare a casa", dichiara l'avvocato della donna. "La signora aveva avuto un'infanzia dolorosa per la morte della madre, che ha perso quando aveva 11 anni. Quando è rimasta incinta è andata a vivere con la nonna", aggiunge. Secondo il penalista la 26enne ha sofferto di "una grave forma di depressione post partum, che ha aggravato la sua condizione di persona fragile psicologicamente". Infattti il padre preoccupato voleva incontrasse degli specialisti, ma la figlia si era sempre rifiutata.

IL PADRE - Il padre della 26enne non si dà pace: "E' stato un incidente, mia figlia amava tanto suo figlio - assicura - lo ha voluto con tutte le sue forze. Ha avuto un parto complicato, rimanendo ricoverata per 10 giorni dopo la nascita del piccolo. Aveva già sofferto da piccola per la perdita della madre. Era depressa e io avevo prenotato una visita specialistica per lei". 

LA CONSULENZA NEUROPSICHIATRICA - Da una prima, e non esaustiva, consulenza neuropsichiatrica disposta dalla Procura di Catania, la 26enne "non evidenzia alterazioni delle funzioni cognitive", ma, di contro, "l'affettività appare molto disturbata". Gli esperti sottolineano la "necessità di cure e contenimento opportuni per prevenire peggioramenti e complicanze". Nell'indagata, si legge nella consulenza, è "presente uno stato depressivo espresso con inibizione psicomotoria, appiattimento emotivo e assenza di risonanza emotiva alla realtà circostante". Ed è per questo che "sollecitata sui vissuti di madre" la 26enne fornisce "risposte stereotipate senza alcuna coloritura affettiva" e "non manifesta disperazione per la perdita o per la colpa".