Giovedì 25 Aprile 2024

Castori in Italia: il ritorno dopo 500 anni. Ecco dove

Da Udine alla Val Pusteria: le fototrappole hanno immortalato due esemplari. La specie si era estinta nel Cinquecento. Ricercatissima per pelliccia, carne e olio delle ghiandole, trasformato in profumo

Un castoro  al lavoro

Un castoro al lavoro

Tarvisio, 10 marzo 2021 - I castori sono tornati. Il primo esemplare è comparso in Italia a quasi 500 anni dall'estinzione, nel novembre 2018, ai laghi di Fusine a Tarvisio (Udine). Due anni più tardi il roditore è stato scoperto in Val Pusteria (Alto Adige). Aveva avuto fiuto il guardiacaccia Reinhard Pipperger a insospettirsi per quegli alberi rosicchiati e abbattuti. Sì, le tracce portavano dritto a lui, all'architetto delle dighe. Ma come si spiega questa improvvisa comparsa? Per gli zoologi è un regalo dell'Austria, che ha reintrodotto i castori fin dagli anni Settanta. Ultimamente hanno iniziato a espandersi in Carinzia nella Valle della Gail, che è subito oltre la cresta montuosa delle Alpi carniche. E' una via di accesso da est a ovest per le specie acquatiche, un corridoio naturale di espansione. Guardando ad altri Paesi: appena pochi giorni fa la notizia di un'importante popolazione dei laboriosi roditori al lavoro sulle sponde del fiume Otter nel Devon, in Gran Bretagna. Anche lì non si vedevano da secoli, sono stati reintrodotti. 

La caccia e il profumo: fino all'estinzione 

"Il castoro in Italia si era estinto nel 1542 - torna alle origini Luca Lapini, 64 anni, zoologo del museo friulano di storia naturale di Udine -. Veniva cacciato per la carne e la pelliccia". Non solo. "Era ricercatissimo anche  per un olio particolare, che secernono alcune sue ghiandole. L'animale lo usa per marcare il territorio e comunicare con i suoi simili. Ma l'uomo lo sfruttava invece per la produzione di profumi. Nel Medioevo e anche dopo era noto come castoreum, un'essenza molto costosa, l'odore è una sorta di via di mezzo tra il cuoio e la vaniglia".

Prospettive e utilità

I due esemplari 'italiani' vivono soli, "tutti noi speriamo che si riproducano - osserva lo zoologo -. Ma in verità non sappiamo nemmeno se siano maschi o femmine, dalle immagini non è possibile stabilirlo - chiarisce Lapini -. Anche perché a mettersi in movimento sono entrambi i sessi. In fase di espansione giovanile, possono percorrere anche duecento chilometri".

Ma a cosa ci servono? "Intanto è una specie rigorosamente protetta. La convenzione internazionale che regola la protezione della natura in Europa stabilisce che la sua presenza è sufficiente per obbligare lo stato ospitante a costituire un sito di importanza comunitaria. A Tarvisio l'animale è stato particolarmente fortunato, è arrivato proprio in un luogo con quelle caratteristiche".

I benefici della sua presenza? "E' un moltiplicatore di biodiversità. Se anche si stabilisce in un tratto di fiume montano molto povero di vita, comincia subito a costruire sbarramenti che trasformano il rio, moderano la corrente che magari prima era un po' troppo impetuosa. Il risultato finale è una serie di bacini palustri interconnessi da aree umide, dove la vita prolifera in un modo impressionante. Nell'arco di due anni la biodiversità  aumenta del 200 o anche del 300 per cento. Vengono attirati un sacco di insetti, un sacco di piante preziose".

Lati negativi? "Sicuramente la presenza di castori sugli argini dove si coltivano ad esempio cereali o altro, porta catastrofi economiche per i contadini. L'è bel sì, ma insomma...".  Meglio numeri piccoli.