Caso chiuso, Stasi non avrà un nuovo processo La mamma di Chiara: lasciate in pace mia figlia

Brescia, respinta la richiesta di revisione: l’ex fidanzato deve scontare 16 anni. Il legale dei parenti della vittima: c’è un’unica verità

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"Speriamo che sia finita, davvero finita". Come sempre nella voce di Rita Preda si mescolano dolcezza e forza. La madre di Chiara Poggi commenta, al solito pacatamente, quello che potrebbe essere l’approdo finale di anni infiniti di dolore, sopportazione, attesa: con un’ordinanza depositata nella mattinata di ieri, la Corte d’Appello di Brescia ha respinto come inammissibile la richiesta della difesa di revisione del processo per Alberto Stasi.

Stasi, che oggi ha 37 anni, sconta una condanna definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara, il 13 agosto del 2007, nella villetta della ragazza, a Garlasco. "Oggi – dice mamma Rita – sono più sollevata. Eravamo tranquilli, dopo tutto quello che era stato fatto, non pensavamo a niente di diverso, ma un minimo di ansia c’era. Con Chiara dialoghiamo tutti i giorni. Oggi le ho detto: ‘Hai guardato giù, come hai sempre fatto’ ". "Per la sesta volta consecutiva – commenta l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale dei Poggi –, una volta la Corte d’Assise d’appello di Milano, tre volte la Corte di Cassazione e due volte i giudici di Brescia, la colpevolezza di Alberto Stasi è stata confermata al di là di ogni ragionevole dubbio. Solo chi non vuole leggere le sentenze, può continuare a suggerire fantomatiche piste alternative. Questa volta i Poggi non lasceranno passare sotto silenzio eventuali iniziative extragiudiziali totalmente infondate che hanno come unico scopo quello di creare una parvenza di dubbio in una vicenda che al contrario è ormai chiara e inconfutabile. La famiglia merita finalmente un po’ di pace".

Per i giudici bresciani quelle portate dal difensore di Stasi, l’avvocato Laura Panciroli, non sono prove nuove e anche nel caso che fossero verificate non giustificherebbero un altro dibattimento.

"Gli eventi fattuali – scrive l’ordinanza – che si vorrebbero provare come le prove nuove non sono stati comunque ritenuti idonei a dimostrare, ove eventualmente accertati, che il condannato, attraverso il riesame di tutte le prove, debba essere prosciolto, permanendo la valenza indiziaria di altri numerosi e gravi elementi non toccati dalle prove nuove".

La difesa attaccava l’indizio accusatorio dell’impronta di Stasi sul dispenser del sapone liquido nel bagno di casa Poggi e il fatto, ritenuto certo nella sentenza, che l’assassino si fosse lavato le mani nel lavandino e avesse toccato il dispenser. Proponeva tre elementi: la presenza sul dispenser di frammenti di impronte diverse da quelle di Stasi, la presenza di micro crosticine, quattro capelli nel lavandino. Per la Corte si tratta di "elementi noti e già valutati".

Con un filmato eseguito per la trasmissione ’Le Iene’ si vorrebbe provare che la vicina di casa Manuela Travain, transitando in auto davanti a casa dei Poggi, avrebbe potuto vedere se la porta finestra della cucina, al piano terra, era chiusa o aperta. La finestra chiusa documenterebbe che in quel momento l’omicidio non era stato ancora commesso. Una consulenza tecnica della difesa, in base ai tabulati del telefono della teste e alle celle agganciate, individuerebbe per il passaggio della Travain un orario incompatibile con la presenza di Stasi che alle 9.35 era nella sua abitazione e accendeva il pc. L’elaborato tecnico non è stato ritenuto prova nuova dalla Corte d’appello di Brescia, così come il video, dal momento che "le condizioni del cancello, la possibilità per la teste in transito di vedere la porta finestra al piano terra, sono circostanze valutate dalla Corte di merito, anche sulla scorta di fotografie che riprendevano lo stato dei luoghi".