Il mattone è un peso, è boom di case all’asta

Vendite all’incanto a +25%. Due terzi sono immobili di scarso pregio: le famiglie in difficoltà non riescono a mantenere la prima abitazione

Annunci di case in vendita

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Milano, 12 febbraio 2020 - Un Paese di case all’asta. E se, con un maxi sconto, si può pensare di presentare un’offerta per la vendita all’incanto di alberghi, motel, campeggi, bed & breakfast e persino un castello a Ozegna, il cinema Adriano a Roma o un’isoletta della laguna veneta, la maggior parte degli immobili (due su tre) pignorati e messi all’asta riguardano case che costano meno di 100mila euro. Quelle che, per colpa della crisi e quindi anche dell’impossibilità a rimborsare le rate del mutuo, famiglie, piccoli imprenditori, commercianti, artigiani e il popolo delle partite Iva è costretto a perdere. Rinunciando al bene più prezioso per gli italiani: la prima casa. 

Al 31 dicembre, secondo l’ultimo rapporto sulle aste immobiliari (ormai anche online) del Centro studi del service provider immobiliare Sogeea, sono stati rilevati 23.904 immobili messi all’incanto – il 25% in più rispetto al 2018 – per un valore complessivo di 3,5 miliardi e un potenziale incasso per lo Stato di oltre 310 milioni di imposte.

Il Nord guida la classifica delle case all’asta (13.152) mentre, a livello di Regioni, prima è la Lombardia (3.343) seguita da Lazio (2.565), Veneto (2.265) e Toscana (2.151). Regione, quest’ultima, dove si registra il maggior numero di alberghi messi all’incanto: 13 a Firenze, 10 a Grosseto e 8 a Pistoia. A pagare il tributo più rilevante della crisi, avverte il presidente di Sogeea, Sandro Simoncini, è sempre la fascia di reddito medio-bassa. 

Il 67% degli immobili all’asta, infatti, ha un prezzo inferiore a 100mila euro e si sale all’88% arrivando a 200mila euro. Nel 2018 il numero complessivo delle esecuzioni immobiliari accumulate negli anni del resto era arrivato a 245mila con valori di aggiudicazione ben al di sotto dei prezzi di mercato, tranne che a Milano, Roma, Firenze e Venezia. 

Anche perché il nuovo meccanismo che regola le aste (introdotto con la legge 132 del 2015) permette, oltre a una base di prezzo che rispetto al passato viene abbassata, di presentare offerte con uno sconto del 25%. E se la prima asta va deserta, nella seconda tornata il valore delle offerte diventa ancora più basso. Tanto che un immobile da 100mila euro, può essere acquistato a meno della metà. 

Cifra da cui il debitore deve togliere circa un 30% ulteriore tra spese di giustizia e compensi agli intermediari rimanendo così con poco più di 30mila euro su 100mila. E finendo per non riuscire neppure a coprire la parte residua del mutuo, esponendosi così ad altri pignoramenti (auto o mobili), oltre che finire nel libro nero dei cattivi pagatori per cui non otterrà più prestiti. Se il debitore subisce l’effetto del pignoramento e dell’asta, gli acquirenti fanno buoni affari. 

Dalle società immobiliari – dove si stanno sempre più formando esperti delle aste – ai privati in un mercato favorito dalla possibilità di avere un finanziamento per partecipare alla vendita all’incanto. Ma il problema è evitare, conclude Simoncini, che ci siano posizioni debitorie così numerose, istituendo un fondo di salvaguardia che possa aiutare un proprietario in difficoltà.