Giovedì 18 Aprile 2024

Casa confiscata (a metà). Lo Stato si dimentica il cortile. E anche il boss potrà usarlo

L’abitazione assegnata a una comunità, quella adiacente è della moglie del capoclan. Il Comune sbarra lo spazio aperto. Ma negli atti c’è scritto che è condominiale e perde la causa

Rocco Papalia e la moglie intestataria dell'abitazione dove è tornato a vivere il boss

Rocco Papalia e la moglie intestataria dell'abitazione dove è tornato a vivere il boss

La battaglia l’hanno vinta i Papalia, la famiglia che dagli anni Ottanta ha colonizzato il Nord, piantando le radici tossiche della ‘ndrangheta dalla provincia di Reggio Calabria a quella di Milano. Formalmente, la battaglia con il Comune di Buccinasco, la cittadina tristemente ribattezzata la Platì del Nord proprio per le penetrazioni mafiose, l’ha vinta la moglie del boss Rocco Papalia, Adriana Feletti. Era iniziata nel 2017, quando lui era uscito dal carcere dopo aver scontato 26 anni per omicidio, droga e sequestri. Era tornato nella "sua" Buccinasco, come la definiva lui, a cercare di vivere "una vita normale", diceva, nella villetta di proprietà della moglie in via Nearco. Una casa che ha una storia insolita: per metà è della moglie, l’altra era del genero Salvatore Barbaro, marito della figlia Serafina, anche lui finito più volte nelle carte delle inchieste per mafia, specialista negli illeciti del movimento terra. Nel 2010 lo Stato la confisca, quattro anni dopo la dà al Comune che la destina a casa di accoglienza per minori non accompagnati di un progetto terminato a fine anno.

Inizia la convivenza tra i coniugi Papalia e l’associazione. Ma nelle carte della confisca manca un dettaglio: l’assegnazione per l’uso del cortile su cui affacciano gli spazi del Comune. Non succede nulla fino al 2017, quando Papalia esce dal carcere. Inizia allora la battaglia di Feletti che decide di fare causa al Comune in quanto aveva impedito l’accesso al cortile chiudendo i cancelletti, per consentire ai ragazzi ospiti di utilizzare lo spazio all’aperto senza "interferenze".

"I documenti parlano chiaro – ha sempre sostenuto Feletti –: il cortile è di uso condominiale, quindi anche io posso accedervi. Non voglio farci chissà cosa: spostare i bidoni dell’immondizia, stendere i panni, far giocare i nipotini quando vengono a trovarci".

Ma per il sindaco Rino Pruiti si trattava di una "provocazione, una sfida allo Stato. Per tanti anni è sempre stato così, ma appena è uscito dal carcere Papalia ne ha rivendicato l’uso". Nessun accordo, perché "non scendiamo a patti con loro", ha sempre sottolineato il sindaco. Quindi, la vicenda è finita in tribunale. Dopo due anni di burocrazie e udienze, il giudice Alessandro Petrucci della quarta sezione civile di Milano ha preso la sua decisione: l’uso del cortile spetta anche alla famiglia Papalia. Proprio perché sui documenti non è specificata la confisca di quella parte definita condominiale. "Era normale finisse così - commenta la sentenza Feletti, con a fianco il marito –, è stato un accanimento inutile quello del sindaco, bastava lasciarci usare quello che ci spettava. Invece ora il Comune dovrà anche pagare oltre 7mila euro di spese, inutilmente. Il giudice ha semplicemente riconosciuto un nostro diritto".

Si chiude così un capitolo "molto sofferto per la nostra comunità, lasciando purtroppo una ferita aperta per una sconfitta", commentano dal Comune. "Proporrò al Consiglio comunale di rimettere nelle mani dello Stato il bene confiscato di via Nearco – dichiara il sindaco Rino Pruiti che non nasconde profonda amarezza –. Il nostro Comune non può convivere con esponenti della criminalità organizzata". Il sindaco ripercorre la vicenda e tutti i passaggi prima di arrivare all’epilogo: "Più volte in questi anni – racconta Pruiti – ho invitato la magistratura, il Parlamento e la Commissione parlamentare antimafia, l’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati a intervenire prima che si arrivasse alla sentenza, ma non ho avuto risposte. Il Comune ha tentato di opporsi ma senza averne i reali strumenti. Le sentenze si rispettano e non possiamo che agire secondo quanto stabilito dal Tribunale: rimuoveremo quel cancello che ci separa dalla famiglia Papalia. Ma noi non ci saremo più".