Giovedì 18 Aprile 2024

Carta, l’ora più buia L’energia alle stelle E sono in bilico ventimila lavoratori

Viaggio in Lucchesia, dove l’elettricità costa dieci volte di più "Così non siamo competitivi. È una festa per i concorrenti cinesi"

di Maurizio Guccione

C’è chi scuote la testa e chi butta un occhio alle quotazioni dei mercati energetici, sperando di trovarci prezzi inferiori a quelli di ieri. Ma tutti a Lucca una cosa la danno per certa: così non si può andare avanti. Il mondo della carta ha la sua capitale qui, in questa vasta area pianeggiante di 750 chilometri quadrati a cavallo tra le province di Lucca e di Pistoia e dove si sviluppa il primo distretto cartario europeo. Una rete fatta di multinazionali dai cui (enormi) stabilimenti escono prodotti diffusi su tutti il pianeta e piccole aziende ancora conduzione familiare sviluppano un fatturato di circa 4 miliardi di euro e danno lavoro a più di 7.500 persone, per un export pari a 997 milioni di euro.

"I prezzi dell’energia sono fuori controllo basti pensare che, prima della crisi, quello dell’energia era il secondo fra i costi aziendali, mentre adesso è il primo; siamo passati da prezzi di 30 euro al megawatt in inverno e 20 euro in estate ai 340 di oggi: così è impossibile". Taglia corto così Tiziano Pieretti; vice presidente di Assocarta, presidente della sezione carta per il distretto di Lucca della Confindustria con delega all’energia e all’ambiente, nonché vicepresidente della stessa.

Un esperto munito di forte passione, già titolare di un’importante e storica azienda cartaria lucchese, nelle cui parole si ritrovano preoccupazioni e timori di tutto il cartario lucchese e non solo. Perché le stesse paure che albergano in questo lembo di Toscana le si ritrovano in ciascuna delle aree dove hanno sede la 119 imprese italiane che producono carta in oltre 150 stabilimenti utilizzando quasi 20mila addetti. Un pezzo di Italia che trema sotto i colpi di questa guerra dell’energia di fronte alle quale poco o niente gli imprenditori possono.

Le imprese sono alle corde, gli appelli degli imprenditori alla politica nazionale ed europea invocano soluzioni chiare e rapide. Il rischio è quello dell’effetto domino creando un danno economico alle imprese, con una crisi del mercato, quindi dell’occupazione: un flagello, dopo l’agognata ripresa post Covid.

Cosa fare, allora? "Prima delle elezioni – chiarisce Pieretti – occorre la spinta su electricity e gas release; sono argomenti ben noti e già sul tavolo del ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, bisogna estrarre da subito più gas; dopo le elezioni occorre procedere con operazioni strutturali del mercato per i prossimi 10 anni".

A Lucca incontriamo Giorgio Bartoli della Bartoli spa che produce piatti in polpa di cellulosa e, per marchi noti del Made in Italy, il materiale utile a realizzare il sottopiede delle scarpe in cuoio. "Il prodotto che vendo ai solettifici – spiega – riscontra la sofferenza degli aumenti; la nostra difficoltà sta nell’esposizione finanziaria, giacché vendiamo con tempi di riscossione che hanno una latenza di mesi: a settembre a Milano vi sarà il Micam, con quale prospettiva possiamo essere concorrenziali alla luce della crisi in corso?".

L’azienda di Bartoli, ha 70 addetti più l’indotto: "L’incertezza che stiamo vivendo rappresenta un freno al settore calzaturiero; la concorrenza con i Paesi come Cina e Turchia che hanno registrato rincari per l’energia infinitesimali rispetto all’Europa, ci metteranno in una condizione di seria difficoltà".

La preoccupazione investe gli imprenditori ma anche le organizzazioni sindacali che temono – dati alla mano – il ricorso agli ammortizzatori sociali. "Ieri è arrivata una prima richiesta di cassa integrazione da parte di una piccola cartiera della zona – dichiara Simone Tesi, segretario Slc-Cgil di Lucca - la priorità è quella di garantire la continuità della produzione, quindi delle attività dei lavoratori del settore".