Giovedì 18 Aprile 2024

Carlo Delle Piane, il ricordo di Pupi Avati: "L'ultimo sorriso"

Il regista al suo capezzale una settimana fa

Carlo Delle Piane con Pupi Avati (Agenzia Aldo Liverani)

Carlo Delle Piane con Pupi Avati (Agenzia Aldo Liverani)

Bologna, 25 agosto 2019 - Una settimana fa Antonio e Pupi Avati sono andati al suo capezzale. Carlo Delle Piane giaceva già in quello stato di torpore a cui da molto tempo l’avevano condannato le varie e gravi patologie ossee, neuro e cardiovascolari che l’affliggevano. "Gli parlavamo ma lui non reagiva – ricorda oggi il regista (in Romagna per la promozione dell’ultimo Il Signor Diavolo) che fu il suo pigmalione, dandogli negli anni della loro collaborazione quella fama e quel tributo di premi, dalla Coppa Volpi, al Nastro d’Argento, al Globo d’Oro, che ne sancirono l’assoluta qualità d’attore –. A un certo punto mio fratello si è chinato verso di lui e gli ha detto: “Sai che Pupi sta scrivendo un ruolo meraviglioso per te?” e il viso si è illuminato di un sorriso che è anche l’ultimo ricordo che di lui mi porto nel cuore. A conferma che per un attore di razza la prospettiva di poter recitare è la miglior terapia per tutti i mali".

Non così per Delle Piane, da anni fiaccato nel fisico e mortificato anche psicologicamente: "Soffriva tremendamente che il cinema lo snobbasse e pativa lo stesso senso d’inferiorità che travagliava Lucio Dalla. A entrambi l’aspetto fisico provocava un senso d’inadeguatezza che li obbligava inconsciamente a dare e fare il doppio, il triplo, di chiunque altro per credere di essere all’altezza dei “normali”. E in effetti a Carlo affidavano sempre parti dove il naso storto o gli occhi sbarrati erano gli elementi decisivi per la scelta".

Lei stesso all’inizio aveva più di una perplessità a scritturarlo... "Me lo impose Antonio con uno stratagemma. Nel 1977 stavamo preparando Tutti defunti... Tranne i morti con Gianni Cavina. Lui insisteva ma io non volevo neanche conoscerlo. Ero prevenuto perchè Carlo veniva da un cinema di serie zeta. La sua carriera era via via scaduta e faceva filmetti di pessima qualità".

Come si ricredette? "Antonio me lo fece trovare di nascosto in una sala costumi, tutto perfettamente vestito e truccato da Humphrey Bogart. Doveva in effetti fare un detective. La cosa mi fece talmente ridere che mi caddero all’istante i pregiudizi su di lui e poi durante il film mi conquistò definitivamente: mi resi conto fino in fondo delle sue potenzialità e delle sue qualità".

La strada da quel momento fu in discesa? "Tutt’altro. Nonostante il successo, quando lo proposi per Una gita scolastica i distributori e il produttore mi opposero un secco no. Ma per me il protagonista, il professor Carlo Balla, doveva essere lui e nessun altro. E la storia mi dette ragione. Si portò via il Premio Pasinetti nell’83, nell’84 il Nastro d’Argento e il Globo d’Oro come attore rivelazione. È stato anche il film che meglio l’ha rappresentato: senso di inadeguatezza e timidezza gli appartenevano profondamente".

Bastò a garantirgli un posto nell’empireo della settima arte? No, solo io e Olmi, con Ticktes nel 2004, gli abbiamo dato la possibilità di esprimersi ai massimi livelli. Lui ne soffriva tantissimo, ma non riuscì mai a cancellare un passato di cinema di basso profilo. Una volta chiesi a Fellini di farlo lavorare, lui ci teneva molto, ma mi sentii rispondere: “Non posso, è troppo tuo”. Alla fine l’averlo voluto tanto con me forse è diventato anche un limite per lui. Successe anche al povero Nik Novecento, anche se la sua morte precoce non consente di fare paragoni o previsioni".

Ha qualche rimorso o rimpianto nei suoi confronti? "Mi sono illuso che altri si accorgessero delle sue caratteristiche attoriali, ma non sono riuscito a sottrarlo a un isolamento che lo faceva patire, e che la sua ipocondria accentuava. Il nostro sodalizio si è rotto perché lui alla fine pretendeva solo ruoli da protagonista che io non avevo da dargli. Ciò non inficiò mai la grande stima nelle sue capacità. Era un mago dell’underacting: in Regalo di Nataleil suo avvocato Santelia riusciva a rimanere impassibile senza muovere un solo muscolo della faccia. Un attore portatore di verità".