Mercoledì 24 Aprile 2024

Carcere di Montorio, una 27enne suicida. Il giudice: "Ho fallito anch’io"

Dall’inizio dell’anno 47 detenuti si sono tolti la vita. Il magistrato di sorveglianza: "Avrei potuto fare di più"

Donatella, la 27enne suicida nel carcere veronese di Montorio, con il fidanzato Leo

Donatella, la 27enne suicida nel carcere veronese di Montorio, con il fidanzato Leo

"Se in carcere muore una ragazza di 27 anni così come è morta Donatella, significa che tutto il sistema ha fallito. E io ho fallito, sicuramente…". Le parole, contenute in una lettera, sono del magistrato di Sorveglianza Vincenzo Semeraro e Donatella era una ragazza detenuta nel carcere di Montorio: si è uccisa inalando il gas da un fornello.

Dall’inizio dell’anno si sono suicidate 47 persone in carcere dove, secondo i calcoli di Antigone, ci si uccide 16 volte in più che nel mondo libero. "A uccidersi sono persone spesso giovani, la maggior parte di chi si è tolto la vita quest’anno aveva tra i 20 e i 30 anni", dice l’associazione presieduta da Patrizio Gonnella. I problemi sono sempre gli stessi, da anni: sovraffollamento (tasso ufficiale, a fine giugno, del 107,7 per cento, con 54.841 persone recluse su 50.900 posti); elevata percentuale di detenuti stranieri, di tossicodipendenti e di detenuti affetti da patologie psichiatriche.

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Da settimane al purtroppo noto elenco si è aggiunto anche il caldo, contro il quale le carceri italiane non sono attrezzate. A pochi interessa la vita dei ristretti: non portano voti e non portano consenso. A occuparsene sono i Radicali e qualche associazione che svolge un lavoro meritorio, da Antigone all’Altro diritto. Gli operatori e i volontari chiedono di allargare il diritto alle telefonate.

"Dieci minuti a settimana di telefonate forse andavano bene nel 1975, ma oggi non bastano", dice Antigone. È una richiesta giusta, ma la politica è impegnata nella campagna balneare. Fra flat tax al 15 per cento (chi offre meno?), contorsioni populiste e campi larghi o stretti: a nessuno interessa occuparsi dell’emergenza carceri. Già è stato difficile durante il picco della pandemia spiegare che no, in carcere non si sta meglio che fuori come qualche scanzonato direttore del Fatto quotidiano va sostenendo da anni. Figurarsi oggi. Eppure la (in)civiltà di un Paese si misura anche dallo stato delle sue carceri.