Carabiniere spara al comandante. L'assalitore: il ricovero e il rientro

Quei fantasmi nella mente del killer. Aveva manifestato intenti autolesionistici. Il sottufficiale Milia era in ferie al momento dell’aggressione

Il brigadiere Antonio Milia

Il brigadiere Antonio Milia

Asso (Como), 28 ottobre 2022 - Dal 18 ottobre, Antonio Milia era rientrato in servizio dopo un anno in cui aveva fatto i conti con grossi problemi psicologici. A gennaio era stato ricoverato nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Sant’Anna a San Fermo della Battaglia, nel Comasco, dopo aver annunciato l’intenzione di commettere gravi atti autolesionistici: dimesso dopo un periodo di cura, aveva passato un periodo di convalescenza lontano dal lavoro e dalla divisa, per ritornare ad avere quell’equilibrio che lo aveva sempre accompagnato.

Era stato poi sottoposto a tutte le visite previste, e infine giudicato idoneo a tornare in servizio incondizionatamente, senza limitazioni di mansioni. Idoneo anche a portare e gestire un’arma, la pistola di ordinanza con cui ieri pomeriggio ha esploso tre colpi a distanza ravvicinata contro il suo comandante, il maresciallo Doriano Furceri.

Sposato, tre figlie, vive in caserma, dove da una vita presta servizio, conoscendo ogni angolo di quella manciata di Comuni che fanno capo alla stazione di Asso. Cosa ci fosse all’origine del suo disagio non è noto, in questa vicenda con tante cose ancora da capire. Era stato male, aveva manifestato il suo grave disagio, il pericolo di poter essere pericoloso per se stesso. Era stato ricoverato e curato, quando i medici avevano valutato le sue condizioni mentali, mesi dopo quel periodo di cura, niente era apparso allarmante. Fino a ieri pomeriggio.

Antonio Milia era rientrato in servizio formalmente il 18 ottobre, ma si era preso qualche giorno di ferie. Tra un anno sarebbe andato in pensione, avrebbe raggiunto l’età e gli anni di servizio. Non stava lavorando ieri, quando è sceso in caserma e si è presentato davanti al suo comandante. Anche lui sposato, tre figli, anni al comando della stazione di Bellano, sull’altra sponda del lago trasferito di recente ad Asso. Ma da quel momento, non si sa cosa sia esattamente accaduto.

Non ci sono testimoni di quei minuti, la conversazione tra Milia e Furceri, i rapporti tra di loro o le parole spese. I colleghi, uno in particolare, hanno solo sentito il primo colpo esploso, il gemito di dolore di Doriano Furceri, e poi più nulla. Non c’è stata possibilità di parlare con Milia, ottenere qualche parola che spiegasse, fosse anche per dire le condizioni di Furceri. Ma ieri sera, l’emergenza era risolvere quella situazione statica e pericolosa, con un carabiniere armato barricato in una caserma, e il suo comandante ferito a colpi di pistola: nessuno si sbilanciava in certezze sulle sue condizioni, in attesa di riuscire ad entrare, ma allo stesso tempo tutto sembrava tragicamente chiaro. Anche che le condizioni di Milia potessero potenzialmente essere problematiche, nonostante il parere incoraggiante espresso dai medici che lo hanno valutato e fatto rientrare in servizio. Ma certamente non a questi livelli.

Per tutta la serata di ieri, si è dovuto fare i conti con una situazione sospesa, pericolosa, in buona parte incomprensibile e difficile da affrontare, anche emotivamente. Ma ricostruire la vita di Antonio Milia, ciò che ha fatto scattare la sua aggressività diventa ora doveroso e necessario.