Giovedì 25 Aprile 2024

Caos al porto di Catania La disperazione dei profughi: "Non mangeremo più" E tre si lanciano in mare

L’Europa si smarca: il coordinamento delle operazioni non è una nostra responsabilità "Dovere dell’Italia è minimizzare il tempo che le persone passano sulle imbarcazioni"

Migration

di Nino Femiani

Sembra di stare su un set cinematografico, solo che sul molo di levante nel porto di Catania non c’è niente di finto. Nelle orecchie risuonano le invocazioni dei migranti della Geo Barents, i loro lamenti sembrano straziare l’aria. Respinti, restano a bordo, perché non hanno il requisito di fragilità fissato dal governo italiano per accoglierli. Corrono come mosche impazzite lungo la coperta della nave di ‘MSF, Medici Senza Frontiere’ che ne aveva caricato 572, tra loro anche sessanta minori. Cercano di spiegare ai funzionari Usmaf (Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera), che registrano e fanno filtro, che loro hanno diritto a sbarcare. Non c’è nulla da fare, 357 ‘fragili’ (donne, bambini, ammalati) scendono lungo la passarella e poi vengono presi in carico da Croce Rossa e Caritas, gli altri 215 restano a bordo con l’incubo di tornare al largo.

Nel pomeriggio, si concentrano tutti a poppa, e iniziano a urlare. Alcuni inalberano dei cartonati. "Help us, help us", aiutateci, un grido disperato.

"Lo "sbarco selettivo", come ora si chiama in burocratese, termina nel pomeriggio, ma sia la Geo Barents che la Humanity 1 con altri 35 a bordo restano nel porto, cime ben fissate al collarino delle bitte. Tre di loro si lanciano in mare dalla nave MSF nel tentativo di raggiungere la terraferma. Nuotano fino a un galleggiante, poi vengono recuperati e portati sul molo, stanno bene. "La nostra nave non lascerà il porto di Catania finché non saranno sbarcate le 215 persone a bordo", annuncia il capo missione di Medici Senza Frontiere, Riccardo Gatti.

In pochi minuti si passa alla carta bollata. "Il nostro team legale sta ragionando sui passi da fare", aggiunge Gatti, mentre l’avvocato Riccardo Campochiaro dichiara che "ci sono associazioni che si stanno muovendo per presentare un esposto alla Procura di Catania sul trattamento dei migranti". Un’offensiva legale dopo il ‘cartellino giallo’ mostrato dalla Capitaneria che ha chiesto di lasciare il molo dopo le operazioni necessarie. In caso contrario, un salasso. "Abbiamo ricevuto un avvertimento: se non rispettiamo le norme del decreto rischiamo una multa fino a 50mila euro", dice Gatti. Non va meglio sulla tedesca Humanity 1. I 35 ‘superstiti’ (144 sono sbarcati) annunciano che rifiuteranno il cibo, uno sciopero della fame di protesta, mentre il comandante Joachim Ebeling decide di vedere cosa succede con il ricorso presentato al Tar Lazio. "Intanto non vado da nessuna parte". "Siamo in una fase di stallo – ribatte un marinaio della Capitaneria – non possiamo fare nulla, mica possiamo affondarli?". Tra i centri sociali, che da tre giorni stazionano sul molo di Levante, si diffonde la dichiarazione del ministro Salvini ed è come gettare benzina sul fuoco. "Leggete cosa dice, è assurdo. Sostiene che questi sono viaggi organizzati", dice Lello Spina di ‘Restiamo umani’. Si alzano urla e cori di solidarietà.

Cala la sera, e mentre a Reggio Calabria sbarcano tutti i migranti della Rise Above (considerato un evento Sar), il braccio di ferro in Sicilia si consuma fissando una nuova scadenza: bisogna tornare in mare entro le 12 di oggi. Un ultimatum a cui nessuno crede. Anche la Commissione europea si fa sentire e ribadisce che "è positivo che 500 migranti (357 più 144, ndr) siano stati sbarcati dalle navi appartenenti alle ong. L’esecutivo Ue, tuttavia, non è responsabile del coordinamento delle operazioni, ma ricorda che c’è un obbligo giuridico e morale di salvare vite in mare e che c’è un obbligo giuridico per gli Stati membri di farlo a prescindere dalle circostanze che hanno portato le persone a trovarsi in difficoltà".

Sullo "sbarco selettivo", la portavoce dell’esecutivo comunitario per gli Affari interni, Anitta Hipper, sottolinea che "bisogna minimizzare il tempo che le persone passano in mare". Infine sulla possibilità che i migranti possano presentare domanda di asilo direttamente sulle navi Ong, rivolgendosi dunque al Paese di cui le imbarcazioni battono bandiera, la chiusura è netta: "Le leggi in materia sono abbastanza chiare". Aspetto su cui dissente il ministro della Giustizia italiana, Carlo Nordio: "Lo Stato di primo accesso è quello di bandiera di quella nave".