Canzoni eterne Lennon e Dylan non si toccano

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Andrea

Spinelli

Cambiano i tempi, cambia la musica, cambiano i gusti. E cambia pure la classifica di “Rolling Stone“. In un’industria del disco che, sotto la spinta della musica liquida, dello streaming, della playlist, ridefinisce di continuo i suoi obiettivi con un vorticoso ricambio di artisti e addetti ai lavori, stupirebbe il contrario. Dei 172 musicisti, critici musicali ed esperti dell’industria discografica statunitense coinvolti nel primo sondaggio, quello del 2004, infatti, quanti ne rimangono oggi? Naturale, quindi che, cambiando gli addendi, cambi pure il risultato.

Il secondo aggiornamento della classifica in 17 anni relega aI quarto posto Bob Dylan (finora indiscusso primo con “Like a Rolling Stone“) e al 13° – addirittura – i Rolling Stones (“Gimme Shelter“): scelte che graffiano il cuore, ma che fanno forse meno male della cacciata di John Lennon, e della sua “Imagine“ (19ª), dall’Olimpo. Viene premiata l’Aretha Franklin di “Respect” e sulla decisione pesano presumibilmente tre fattori: il film biografico di Liesl Tommy (uscito oltre oceano un mese fa e in arrivo sui nostri schermi); l’emotività, ovvero il grande cordoglio provato negli States per la scomparsa della diva; il valore in questo momento di una canzone con quel titolo cantata da una donna, anzi una regina, del soul quale la Franklin. Effetto Black Lives Matter & Spotify che determina l’ingresso tra i primi 10 di Public Enemy, Missy Elliott e Outcast, forse più che di Sam Cooke o la conferma Gaye.