Camogli, quelle bare alla deriva e la memoria ferita

Camogli, il dolore e la protesta dei familiari dei defunti dopo la frana nel cimitero. "La struttura mostrava da tempo segni di instabilità"

Le bare in mare a Camogli (Ansa)

Le bare in mare a Camogli (Ansa)

Nella mia Liguria le scogliere si ergono improvvise, per poi gettarsi in mare con dirupi mozzafiato. Quei marcati conflitti tra spettacoli naturali infondono in ogni spettatore un senso del sublime che risveglia pensieri profondi. Forse, dal contrasto tra le pareti rocciose e le profondità blu cobalto, nasce la meraviglia capace di regalare un senso di pace dinanzi al miracolo di ogni vita e del suo immutabile ciclo. Così non è stato per tante anime che riposavano alla fine dell’esistenza. Un evento anch’esso parte delle umane cose, fonte di rispetto e dolore per chi rimane, motivo d’insegnamento per chi ha goduto della loro compagnia. Quando i nostri cari se ne vanno, ci piace immaginare che raggiungano luoghi idilliaci, dove finalmente riescono a godere di quella pace che in terra sempre manca agli umani.

Nella bellissima Camogli, la città dalle mille vele, sorge un cimitero suggestivo come in molti paesi costieri liguri. Credo che i nostri vecchi li abbiano costruiti così, a picco sul Mediterraneo e con una vista sullo sconfinato orizzonte, perché chi vi riposa possa bearsi di un panorama che si perde all’infinito. Quei sacri luoghi rappresentano l’anticamera del paradiso idilliaco nel quale vorremmo che chi abbiamo amato trascorra una serena eternità. Tra il mondo terreno e l’aldilà la distanza è, però, segnata dalla fallibilità degli uomini. La perfezione del Paradiso si fa ancor più irraggiungibile quando disattenzione o, peggio, imperizia arrivano a minare persino il sacrosanto eterno riposo.

Le immagini inquietanti hanno raggiunto le nostre case: un’ala del cimitero di Camogli è franata nello specchio acqueo sottostante, trascinandosi appresso centinaia di feretri tumulati nella grazia e nella pace di Dio. Purtroppo l’architettura umana ben si discosta da quella divina e così, senza ricercare colpe o responsabilità, una ferita è stata aperta nella memoria, ledendo il sentimento per chi non c’è più, il più nobile e, per definizione, inviolabile. Capisco allora il dolore dei parenti che hanno protestato in maniera vibrante presso le autorità comunali: loro sono stati piegati due volte dal dolore. Forse sapevano che la struttura mostrava cenni d’instabilità. Tanto è vero che la frana è avvenuta, per fortuna, in una pausa dei lavori di consolidamento della parete rocciosa. "Tanto si può procedere con calma", avrà forse pensato qualcuno, "ormai nessuno dei residenti ha più bisogno di sicurezze". Invece le certezze fanno parte del bagaglio che si lascia a chi rimane.

Anche quelle aiutano a maturare il rispetto di una memoria incapace di sciogliersi nel mare blu di Liguria. E così anche quelle bare che abbiamo visto galleggiare alla deriva, lasciano un vuoto nel cuore di chiunque conosca il rispetto per chi non c’è più. Non c’è consolazione capace di sedare il senso di tristezza. Forse il solo conforto è che nessuno, in un evento così grave, abbia patito conseguenze fisiche. Mi piace anche pensare che i camoglini, gente di mare d’eccellenza, pur dopo aver speso una vita sul mare, avessero nostalgia di quel misterioso e sconfinato fratello, al punto di maturare un impellente desiderio di cavalcarne ancora le onde. E che una divinità dell’aldilà abbia accolto le loro istanze e li abbia accontentati prima di riportarli, auguriamoci presto, a riposare in pace.