Calenda punta al venti per cento "Ce la faremo, come a Roma"

Concluso il primo congresso di Azione. L’ex ministro eletto segretario, Matteo Richetti presidente

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di Antonella Coppari

Il progetto è ambizioso, anzi ambiziosissimo. Portare al 20 per cento un partito nato ufficialmente ieri, un polo che non solo non esiste ancora ma che non si capisce neppure bene cosa dovrebbe essere. "Non centrista – dichiara Carlo Calenda – noi siamo il polo del riformismo e della cultura di governo". Sembra quasi un gioco della settimana enigmistica: trova la differenza. Il punto critico è che a tratti il neosegretario nazionale di Azione – eletto ieri al termine del congresso all’Eur – sembra parlare come se questo partito al 20 per cento ci fosse già o almeno non ne fosse troppo lontano: "Lo porto alla percentuale raggiunta alle comunali a Roma, e poi ve lo lascio".

Sì, perché detta le condizioni: altro che campo largo caro ad Enrico Letta. Lui preferisce l’aggettivo "tosto", o meglio "chiaro", usando la formula suggerita del neopresidente di Azione, Matteo Richetti. "Al segretario Pd dico – spiega Calenda – voglio stare con te, ma vieni tu qui. Si combatte a modo nostro". Stesso invito a Forza Italia, e agli altri partiti di centro: "Non restate prigionieri di Grillo-Meloni".

Si tratta di un invito esplicito che trova però, per ora, ascolto a dir poco tiepido. Renzi, per esempio, dovrebbe essere il referente privilegiato: i due sono accomunati da moltissime cose, a partire dal’obiettivo di disarticolare le attuali coalizioni, inclusa una maggiore vicinanza, non fosse altro che per ragioni di provenienza, alla sinistra. Niente da fare: il leader "non carismatico" è durissimo con il Matteo fiorentino: "Non è pensabile che tu sia pagato da uno stato straniero. Decidi se vuoi fare politica o business". Saldamente ancorati al centro, i renziani alle prossime amministrative hanno in cantiere alleanze a macchia di leopardo: sia a sinistra sia a destra. Lo stesso farà Calenda: "Ci sono comuni dove sosterremo sindaci di centrosinistra come a Verona o Padova, altri dove ci sono bravi amministratori di destra, non di partito, come per esempio a Genova, con Marco Bucci, e lì una riflessione la stiamo facendo".

Insomma, difficile evitare la sensazione che a ostacolare il progetto comune siano questioni di personalità e di ruoli specifici più che tangibili differenze politiche. Inoltre anche per la prossima legislatura, o almeno per la sua prima fase, Calenda, Renzi e i centristi di ogni sfumatura hanno in mente la stessa bussola: la conferma di Draghi al governo, con una maggioranza che includa la Lega ("io parlo con quella di Giorgetti", scandisce Calenda, irritando Salvini) almeno fino al 2024 inoltrato: "Sono convinto che l’Italia avrà bisogno di una larga coalizione anche dopo le prossime elezioni".

Grande è la confusione che regna tra i centristi della destra: impegnato a capire come uscire dalle secche dopo lo strappo del sindaco di Venezia, Brugnaro, il cofondatore di Coraggio Italia e governatore della Liguria, Giovanni Toti, si limita ad applaudire l’appoggio di Azione al sindaco di Genova Bucci. Nel Pd le porte sarebbero spalancate, con i chiari di luna che tirano: qualsiasi cosa allarghi il campo è ben accetta, se non fosse per il veto ai M5s. "Nessuna preclusione – avvertono dal Nazareno – il partito democratico è il perno di un’alleanza contro le destre". Oggi Letta, che riunisce la direzione del Pd, potrebbe incontrare Giuseppe Conte.

Il rischio che l’orizzonte a cui mira l’ex ministro dello sviluppo economico sia essenzialmente velleitario c’è, anche se Osvaldo Napoli – centrista di lungo corso – avverte: "Sta gettando le basi per essere determinante con qualsiasi coalizione". .Molto dipenderà dalla legge elettorale. Con il Rosatellum si aprirà prima di tutto una contrattazione privata di Azione con il Pd per il numero dei posti in lista, altre strade di batteranno solo se dovesse andare male. Se invece la riforma proporzionale andrà in porto, la soglia di sbarramento dovrebbe imporre una unificazione più o meno coatta e comunque difficile. Ma forse per Calenda come per tutti gli aspiranti terzopolisti il "problema" è a monte. Alle elezioni manca nella migliore delle ipotesi un anno. Eppure sia che si parli di legge elettorale sia che si mettano i piedi nel piatto in nome del futuro nuovo polo la risposta è sempre la stessa: è ancora presto c’è tempo.