Giovedì 18 Aprile 2024

Calciatore morto, l’ex fidanzata a processo

Cosenza, rinviata a giudizio per concorso in omicidio premeditato. Il corpo del ferrarese Denis Bergamini fu trovato sulla Statale Jonica

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di Cristina Rufini

"Donata, ce l’abbiamo fatta". A parlare è l’avvocato Fabio Anselmo, ieri, pochi minuti dopo la fine dell’udienza davanti dal gup di Castrovillari, Fabio Lelio Festa che ha rinviato a giudizio Isabella Internò, 51 anni, per concorso in omicidio premeditato con l’aggravante dei futili motivi. Trentadue anni dopo la morte di Donato Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza, trovato cadavere la notte del 18 novembre 1989, lungo la Statale Jonica all’altezza di Roseto Capo Spulico. Donata è la sorella gemella di Bergamini e Anselmo il legale che l’assiste dal 2017, quando è stata aperta la terza inchiesta su quella dannata notte. È lei che non si è mai data per vinta. Che non ha mai creduto che suo fratello si fosse gettato ’a tuffo’ sotto quel camion rosso per uccidersi, come raccontato da sempre proprio dalla Internò, all’epoca diciannovenne e già ex fidanzata del calciatore. Lei era non era presente in aula, così come non c’era l’imputata. Donata è "provata" ha riferito il suo avvocato "e qualcuno dovrà fare i conti con la propria coscienza per il suo stato", ha aggiunto Anselmo, che ha definito questo passaggio importante "ma non è finita, la Internò non è stata condannata ma ora faremo un processo che sembrava davvero non si volesse fare, dove speriamo che emerga tutta la verità". Poche ma significative parole da parte dell’avvocato dell’imputata, Angelo Pugliese. "Era già tutto scritto, non mi faccia aggiungere altro ora". Il processo alla Internò si aprirà il 25 ottobre prossimo davanti alla Corte di Assise del Tribunale di Castrovillari.

"Quel corpo parla...mi ascolti. Dobbiamo incontrarci", è quanto la consulente medico legale della difesa dice al telefono con il marito dell’imputata, per cercare di stabilire un contatto con l’allora indagata, perché "le cose si stavano mettendo male". È lo stralcio di uno delle intercettazioni telefoniche – contestata dalla difesa – vergata nell’informativa del pm, dove è ricostruita gran parte dell’indagine che ha portato al rinvio a giudizio. Un colloquio avvenuto poche settimane dopo la riesumazione del cadavere di Bergamini dal cimitero di Argenta, a luglio del 2017. Quando si è capito, da parte di consulenti e perito del gip che Bergamini non era morto per le lesioni da schiacciamento, come certificato nel corso della prima autopsia, nel 1989, ma per soffocamento, come testimonierebbe la condizione degli alveoli polmonari. Nelle migliaia di pagine di informativa, il pm Primicerio ha spiegato che Bergamini sarebbe stato prima narcotizzato, poi soffocato con un sacchetto di plastica attorno alla testa e, ormai privo di vita, adagiato sull’asfalto in attesa che un mezzo in transito lo investisse, per simulare il suicidio. Come sempre sostenuto dalla ex fidanzata, che sarebbe l’artefice del delitto, poi attuato in concorso con ignoti.