Giovedì 18 Aprile 2024

Calca di fedeli, strage in Israele Terrore nella Woodstock ortodossa

Tra le 45 vittime anche bambini, almeno 150 i feriti. Alla festa erano presenti centomila persone. Il raduno storico per rendere omaggio a un rabbino mistico del II secolo. Cordoglio da tutto il mondo

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di Aldo Baquis

Situato in una delle aree più suggestive della Alta Galilea, il Monte Meron rappresenta una sorta di calamita per quelle correnti dell’ebraismo più sensibili al misticismo. Si tratta di un messaggio sempre più potente negli anni, in particolare nella ricorrenza di Lag ba-Omer, quando schiere di ebrei timorati convergono verso quella altura per ’distendersi’, almeno idealmente, sulla tomba del venerato rabbino Shimon Bar Yochai, vissuto nel secondo secolo d.C. In quell’epoca le legioni romane avevano piena padronanza della Galilea, e l’ebraismo veniva osservato in condizioni di clandestinità.

Presente e passato remoto si intrecciano sul Monte Meron, si avviluppano su se stessi. E lo Stato di Israele – quello che grazie alla scienza ha saputo uscire vittorioso sul Covid – diventa evanescente. Usciti dalla strada che porta a Safed, entrati nel parcheggio situato in prossimità della tomba del venerato rabbino, chi comanda quella enclave sono le corti rabbiniche. Chi dà il tono alle preghiere e alle celebrazioni di massa – che includono la accensione di falò, esibizioni di clarinettisti, balli di massa, perorazioni di guarigioni e implorazioni di salute, felicità e di vita coniugale armoniosa – sono rabbini di corti rabbiniche spesso in conflitto fra di loro, gelose delle proprie palazzine.

L’anno scorso, a causa del Covid, per il Lag ba-Omer il Monte Meron è stato tenuto deserto. Ma quest’anno la lobby ortodossa ha chiesto al governo la sua apertura ed ha ottenuto libero accesso per tutti. Con un balzo nel tempo, i rabbini hanno ricordato che nel Lag ba-Omer di quasi 2.000 anni fa cessò la moria fra gli studenti del venerato rabbino Aqiva, un oppositore delle forze romane. Una delle tradizioni vuole che fossero stati vittima di una pandemia.

Per i mistici il parallelo con l’arresto del Covid in Israele era più che significativo. Bar Yochai era un allievo prediletto di Aqiva. Ricercato dai romani, si nascose in una grotta della Galilea da cui emerse 13 anni dopo, avendo completato il testo fondamentale del misticismo ebraico: lo ‘Zohar’, lo splendore, che conteneva i segreti della Bibbia. Quell’opera, secondo i seguaci, è un dono inestimabile per la umanità intera, che un giorno forse riuscirà a comprenderla. Oltre mille anni dopo la morte di Bar Yochai, in occasione del Lag ba-Omer, cabbalisti della vicina Safed avrebbero iniziato a svolgere celebrazioni di massa presso la sua tomba, con falò e danze.

Ma nella rivolta contro i romani (132 d.C.) si era distinto anche un combattente ebreo: Shimon Bar Cochbà. I primi sionisti videro in lui una figura emblematica e per il Lag ba-Omer incoraggiarono i bambini ad accendere falò (‘Così i suoi combattenti comunicavano allora’) e a giocare con frecce ed archi. Il passato remoto veniva recuperato per fini ideologici nella attualità politica. La fusione fra Lag ba-Omer e il monte Meron aveva acquistato un significato in più.

Da allora quel connubio è divenuto un appuntamento obbligato non solo per gli ebrei ortodossi, ma anche per quei tradizionalisti che non disdegnano benedizioni rabbiniche elargite in luoghi dove il misticismo è ritenuto di casa, come appunto Safed e Tiberiade.

Sociologi israeliani notano che negli ultimi anni la propensione a ’distendersi’ su decine di tombe di rabbini della Galilea morti in odore di santità ha preso piede anche negli ambienti laici della progressista Tel Aviv. Cantanti, attori di cinema, artisti sono talvolta fra i frequentatori di quei siti. Gravidanze inaspettate, matrimoni a sorpresa (giunti dopo quelle pause di riflessione mistica) sono riferiti allora con titoli vistosi nei supplementi gossip dei giornali.

Ecco così che, per ragioni molto disparate, il Monte Meron è divenuto una specie di ‘Woodstock ortodossa’, con famiglie intere che vi si recano come ad un camping, per una settimana sotto tenda, con le numerose famiglie al seguito e con la abitudine di radere i capelli ai figli maschi per la prima volta quando compiono tre anni. Restano allora col cranio rasato e con due lunghi boccoli di capelli ai lati: riconoscibili da quel momento in poi come ebrei ovunque al mondo.