Mercoledì 24 Aprile 2024

Cala l’affluenza, timori a destra Il centrosinistra spera nel colpaccio

Ma è difficile fare previsioni perché nella tornata elettorale del 2016 si votava in un solo giorno

Migration

di Antonella Coppari

Mesi e mesi di sondaggi che piovevano ormai con intensità ossessiva, poi arriva il momento della vera prova del voto. E il nervosismo diventa subito molto più concreto. Nel test di questi due giorni, 12 milioni di elettori reali decidono non solo chi sarà ad amministrare le più importanti città italiane e la regione Calabria, ma daranno anche indicazioni destinate a incidere sull’intero quadro politico. Numeri credibili si sapranno solo stasera, persino analizzare il dato dell’affluenza alle urne non è facile. Cinque anni fa, si votava in un solo giorno, ora si è tornati all’aggiunta del lunedì mattina. Una differenza tale da alterare ogni confronto. In ogni caso, alle sette di sera si registra un’affluenza del 41,6%, ben più bassa del 2016 quando fu del 61,4%. Una tendenza diffusa ovunque, che appare più marcata laddove gli elettori hanno la percezione di una vittoria certa come a Bologna, dove il calo è notevolissimo (ha votato il 35,2% rispetto al 59,6% di 5 anni fa), o a Milano con il 37,8% di votanti (54,6 nel 2016). Si vedrà oggi se il decremento è reale e, nel caso, se limitato o drammatico.

C’è preoccupazione in tutti gli stati maggiori, ma in alcuni più che in altri. Nel centrodestra ci sono i timori maggiori: lì, è stata sottovalutata la prova, privilegiando la conta interna rispetto alla conquista dei comuni. Solo che ora un’eventuale sconfitta rischia di trasformarsi in una rotta. La vittoria in Calabria – unica regione chiamata a eleggere il governatore – dovrebbe essere garantita. Ma la colonna delle entrate potrebbe fermarsi qui, e quella delle uscite potrebbe essere più disastrosa del previsto: a Milano si rischia un successo di Sala al primo turno, per la Lega sarebbe una mazzata. Bologna è persa, e l’elezione di Lepore già oggi è quasi scontata né a Napoli la partita pare aperta. A Torino la destra ha pronostici favorevoli, ma non certezze. Sarebbe il punto della bandiera (che si aggiungerebbe a Trieste) e perderlo avrebbe un impatto devastante. A Roma Fd’I sembra essersi sforzata di individuare il candidato più debole sulla piazza, il quale potrebbe secondo alcuni vincere il primo turno, ma quasi senza speranza di farcela al ballottaggio. Sempre che ci arrivi: negli ultimi giorni si è sparso l’incubo della convergenza di una parte dell’elettorato su Carlo Calenda. Presagi cupi per lo scontro interno, dove rischiano di rimetterci tutti, con una Lega salassata rispetto ai fasti delle Europee del 2019 e con Fd’I in impetuosa avanzata, ma forse con il vento meno in poppa del previsto. E così, i frutti della competizione li colgono gli avversari.

I quali dovrebbero sorridere: si avviano a vincere nelle grandi città, e si godono la disintegrazione della destra. Invece, la tensione regna soprattutto in casa Pd, anzi in casa Letta. Ci sono due variabili che potrebbero sbalzarlo di sella: la prima è Siena, dove ha scelto correre nelle suppletive per la Camera. Una decisione coraggiosa perché una sconfitta lo trasformerebbe in un’anatra zoppa. L’azzardo, dicono gli amici, è calcolato: non ha rivali all’altezza. Anche se il basso numero di votanti (25,6% alle 23) non è lusinghiero. A Roma il rischio è minore, ma la posta in gioco persino più alta. Gualtieri deve arrivare "per forza" al ballottaggio, non solo perché poi avrebbe le carte in regola per superare Michetti al secondo turno, ma perché sarebbe esiziale per il Pd non arrivarci. Un rischio limitato per ma non inesistente. Secondo alcuni esperti non sarebbe escluso un successo a sorpresa né di Virginia Raggi né Di Calenda.

In questa partita, il Nazareno si gioca non solo la leadership ma la strategia di alleanza con i 5stelle. Per M5s si tratta di verificare prima di tutto se sono ancora in vita oppure no. L’emorragia di voti è data per scontata, però una cosa sarebbe fermarsi al 15%, un’altra sotto. La popolarità di Conte è la carta su cui contano i 5 Stelle per salvare la pelle e rilanciarsi in futuro. Se la fama verrà confermata, da domani sarà un protagonista centralissimo della politica italiana in caso contrario imboccherà la dirittura di uscita. Sia come sia, da domani tutti i leader dovranno impostare due passaggi, essenziali nella vita politica di un paese, ma che in questo caso hanno assunto un’importanza notevole: elezioni del capo dello Stato e politiche del 2023, sempre che non arrivino prima, anche in seguito all’esito odierno.