Giovedì 18 Aprile 2024

Brunetta riporta in ufficio i dipendenti statali

Cancellato l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di far lavorare in smart working metà del personale. Il ministro: si torna alla normalità

Migration

di Claudia Marin

Da lunedì, una quota più o meno rilevante di dipendenti pubblici dovrà tornare negli uffici in presenza. E, nelle settimane successive, i numeri di impiegati dietro gli sportelli dovranno aumentare. È questo l’effetto della norma che ha fatto saltare l’obbligo di far lavorare in smart working un dipendente pubblico su due: tra pochi giorni, dunque, seguendo il ritmo delle riaperture delle attività commerciali, anche la Pubblica amministrazione potrà "tornare alla normalità" come avvisa il ministro Renato Brunetta. A riscrivere le regole del lavoro agile nel pubblico impiego – cancellando la soglia minima del 50% in smart working – è il cosiddetto decreto proroghe, approvato dal Consiglio dei ministri sul limite della scadenza del 30 aprile.

E il cambio di rotta della Pa è netto: finora gli uffici lavoravano per metà in presenza e per metà da casa (salvo le attività "non smartabili"). Da maggio, col via libera del Comitato tecnico scientifico, si potrà tornare alla scrivania senza paletti fissati per legge. "Via tutte le rigidità, flessibilità" e "piena autonomia" saranno le parole d’ordine, spiega Brunetta. A livello operativo il regime semplificato della formula di lavoro a distanza resterà in vigore fino a che la cornice per il lavoro agile non sarà regolata dai contratti, e comunque non oltre il 2021. Ma vengono cancellate tutte le percentuali e le indicazioni su soglie minime e altri vincoli. Con la conseguenza che solo gli uffici che possono garantire efficienza anche da remoto potranno mantenere gli addetti in smart, mentre tutti gli altri dovranno richiamare i dipendenti in servizio.

Ma oltre a cancellare la soglia minima del 50% prevista durante l’emergenza, il decreto smonta anche le regole a regime: dal 2022 con l’adozione dei Piani organizzativi per il lavoro agile – i cosiddetti Pola – infatti, non sarà più obbligatorio riprogrammare a casa il 60% delle attività che si possono svolgere da remoto, e anche il limite minimo previsto in caso di mancata adozione dei piani viene dimezzato, al 15% anziché al 30%. Il sindacato, però, non ci sta. Per la Fp Cgil, il ministro "Brunetta riconosce che è sbagliato imporre per legge soglie minime o massime di lavoratori che le amministrazioni potranno mettere in lavoro da remoto, perché limiterebbe la flessibilità organizzativa di cui le amministrazioni pubbliche hanno bisogno. Però poi impone una soglia al ribasso del 15%, mentre la ministra Dadone prima di lui l’aveva posta al 60%. Sarebbe meglio non mettere un intralcio sul percorso della contrattazione appena avviato". Ma da Palazzo Vidoni fanno sapere che non c’è "nessuna contraddizione". "La flessibilità organizzativa che chiede la Fp Cgil è rafforzata proprio dalla norma che elimina una soglia minima, ma lascia libere le amministrazioni di individuare quali attività possono essere svolte in lavoro agile e quanti dipendenti destinarvi. Questo fino alla fine del 2021 o prima, se entrano in vigore i Ccnl (contratti collettivi nazionali di lavoro, ndr). La norma prevede a regime, per le amministrazioni che approvano i Pola, una soglia minima del 15% dei dipendenti in lavoro agile per le attività che potranno essere svolte in questa modalità".