Venerdì 19 Aprile 2024

Botte e soprusi dal marito La prescrizione cancella vent’anni di violenze

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IVREA (Torino)

Aveva trovato il coraggio di denunciare quel marito violento dopo due decenni di soprusi. Neppure a metà del suo iter, il processo si è però interrotto: tutto prescritto. L’ultima storia di ’malagiustizia’ arriva dal tribunale di Ivrea, dove il caso è approdato nel 2021, a sei anni dall’apertura dell’indagine, e dove martedì, nel corso di un’udienza dedicata in teoria alla sfilata dei testimoni, il giudice ha preso atto del troppo tempo trascorso e ha decretato lo stop. Almeno tre gli elementi in gioco. Il primo è che al momento delle denunce, nel 2014 e 2015, non era in vigore il ‘Codice rosso’, l’insieme di norme in difesa delle vittime di maltrattamenti in famiglia. Il secondo è che per la prescrizione si sono dovuti applicare i criteri precedenti alla riforma del 2017. Il terzo, infine, è la situazione degli uffici giudiziari di Ivrea, definita dal procuratore capo, Gabriella Viglione, "drammatica" per la penuria di personale.

Nel capo d’accusa a carico dell’imputato si legge di botte e umiliazioni risalenti al 1993, l’anno del matrimonio. Con il tempo la situazione peggiorò: lui le impediva di lavorare e di "vestirsi a suo gusto". Nel 2010 la donna tentò il suicidio con gli antidepressivi e, in ospedale, si sentì dire dal marito "peccato, dovevi prenderne di più". Nel 2015, dopo la fine della convivenza, passò alle persecuzioni telefoniche e ai pedinamenti. L’avvocato difensore, Pierpaolo Chiorazzo, osserva che "il giudice ha rispettato i principi del giusto processo". Ma con il Codice rosso "non sarebbe successo", replica l’avvocato di parte civile, Sonia Maria Cocca.

La situazione "drammatica" della procura di Ivrea sta nei numeri. Al suo interno vi operano infatti solo cinque pubblici ministeri sui nove previsti. "Abbiamo 17mila fascicoli, senza contare quelli a carico di ignoti – spiega Viglione –: a ognuno ne toccano in media più di tremila, a differenza delle poche centinaia dei colleghi di altre sedi. C’è da stupirsi non quando un caso va in prescrizione, ma quando non ci va".