di Antonio Troise Quasi quasi mi dimetto e cambio vita. Negli Stati Uniti, dove il fenomeno è esploso dopo il Covid, si parla addirittura di Yolo economy, sigla che sta per You Only Live Once, che tradotto significa "si vive solo una volta". Come a dire che la priorità non sono più soldi, lavoro e carriera (scegliete voi l’ordine), ma la qualità della vita e il tempo ritrovato per se stessi e la famiglia. Così, nel 2021, sulle scrivanie dei direttori del personale delle aziende americane sono arrivate 20 milioni di lettere di dimissioni. Un boom. Ma anche in Italia il trend non è da sottovalutare, tanto da aver preso in contropiede anche gli esperti dell’Associazione nazionale della direzione del personale (Aidp). Nei primi mesi del 2021 sono stati circa 770mila i lavoratori con contratti a tempo indeterminato che hanno deciso di mollare il posto di lavoro sicuro, con tanto di contributi previdenziali e benefit. Un’impennata rispetto al 2020, quando nel pieno dell’epidemia ognuno è rimasto in stand-by. Confrontato con il 2019, invece, l’incremento è di circa 40mila dimissioni. Il dato che più colpisce della ricerca condotta sul campo dall’Aidp su un campione di 500 imprese, però, è un altro. A guidare la classifica di chi ha avuto il coraggio di lasciare un ufficio sicuro sono i giovani fra i 26 ai 35 anni, seguiti dai colleghi di poco più anziani, fino ai 45 anni di età. Ma c’è di più. Proprio ieri la ministra delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone, al Webinar dell’Istituto Toniolo, ha annunciato il via libera al piano per spingere i ragazzi inattivi, i cosiddetti Neet, a rimettersi in gioco. Un progetto che sarà co-firmato dal responsabile del dicastero del Lavoro, Andrea Orlando. Ma che cosa sta succedendo? Non siamo più il Paese con il mito del "posto fisso ...
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