Giovedì 25 Aprile 2024

Bonaccini si toglie la maschera e attacca: "Reddito di cittadinanza? Non risolve nulla"

Il governatore emiliano contro la misura simbolo dei grillini: "È il lavoro che dà dignità, non un assegno per stare sul divano". Sulla segreteria del Pd per ora è cauto: "Zingaretti è un amico, ma basta subalternità ai Cinquestelle. Mes, serve più decisione"

Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna

Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna

Chi conosce Stefano Bonaccini, sa quale fosse il suo sogno di ragazzino: "Volevo fare il calciatore". E il governatore dell’Emilia Romagna, che è juventino sfegatato, va all’attacco del Movimento Cinque Stelle. Come Cristiano Ronaldo, doppietta nella gara-scudetto con la Lazio. Prima sul Mes: "Per quanto io rispetti le opinioni dell’M5S, mi pare che dopo la pandemia 36 miliardi di euro servano". Poi sul reddito di cittadinanza: "Vediamo i numeri, magari ha funzionato e siamo contenti. Magari no. Vediamoli e decidiamo cosa farne".

Presidente Bonaccini, è ora di rivedere il reddito di cittadinanza?

"Non ne sono mai stato entusiasta. A una persona che non lavora posso pure dare per un certo periodo un assegno perché è nella disperazione, ma è il lavoro che dà dignità, non quell’assegno".

Si spieghi meglio.

"Una mamma e un papà guardano la tv al pomeriggio con i figli sul divano: ma lo fanno non perché lo vogliono, ma perché non lavorano. La politica dovrebbe avere il compito di dare loro un assegno per poco tempo e poi farli alzare da quel divano, farli uscire di casa e farli andare a lavorare, perché è il lavoro che dà dignità, non un assegno".

Quindi lo strumento va eliminato?

"Non sono al Governo, ma voglio un Pd più riformista, questo sì. Anche sui bonus non sono così d’accordo, ad esempio. Il vero valore è il lavoro. Ecco perché va irrobustita la parte di politica davvero riformista in seno al Partito Democratico: non bisogna essere subalterni a nessuno".

Il rapporto con il Movimento Cinque Stelle può continuare senza accordo sul Mes?

"Pensiamo a noi e pretendiamo che la maggioranza acceda a quei fondi".

Il ruolo del premier Giuseppe Conte può essere anche quello del leader del centrosinistra?

"Non lo so, ma so che sta governando bene. Conte ha gestito con grande dignità la pandemia sanitaria, ha dimostrato come si lavora e ha dato una lezione al populismo, che ha bisogno dell’applauso tutti i giorni. Certo è che la vera sfida inizia adesso".

A cosa si riferisce?

"Conte dovrà saper gestire e guidare anche la pandemia economica e sociale che ci aspetta. Io comunque alle parole preferisco le azioni: siamo giudicati da quello che facciamo, non che diciamo".

Domenica e lunedì si vota per le Regionali: cosa potrebbe accadere dopo il 21 settembre?

"Come andrà? Non sono il mago Otelma. L’obiettivo è vincere ovunque si può".

E non potrebbe essere l’ora di un congresso per il Pd?

"Non adesso, quello avrà i suoi tempi. E la possibilità di un rimpasto proprio non mi interessa, non è affare mio. Nicola Zingaretti è uno dei miei migliori amici. Io faccio il presidente di Regione e della Conferenza delle Regioni e per altri tre anni presidente dei Comuni e delle Regioni d’Europa. A me servirebbero giornate di 48 ore: dico quello che penso e do il mio contributo. Vorrei solo un Pd che pensasse di più alle riforme. Un partito senza correnti o, meglio, senza correnti cristallizzate".

Nel Pd potrebbero rientrare Matteo Renzi e Pierluigi Bersani, come ha detto nei giorni scorsi?

"Ho letto molti titoli, ma Renzi e Bersani interessano poco. A me interessa riportare chi non ci vota più o non ci ha mai votato. Questi non sono stati anni facili. Sono stati anni in cui non andavi a casa con gli applausi. A maggior ragione ora dobbiamo avere ancora più coraggio. Anche per questo voterò Sì al referendum. È il primo innesco di altre riforme, come la legge elettorale. E se vincesse il no, beh, non cambierebbe niente".