Martedì 23 Aprile 2024

Bonaccini non varca il Rubicone. Ma a Roma ha già i primi fan

Il governatore dell’Emilia-Romagna resta alla finestra: ora la priorità è la lotta al Covid. Per ora è un ’papa straniero’, ma i riformisti e il partito dei sindaci sarebbero con lui

Stefano Bonaccini, 54 anni

Stefano Bonaccini, 54 anni

Bologna, 6 marzo 2021 - Su chi può contare, il ‘papa straniero’ Bonaccini, se mai deciderà di scendere in campo per prendersi il Pd? E il Pd ha davvero bisogno di un papa straniero per risalire la china e il vicolo cieco in cui è finito? Pare proprio di sì. Va detto che, oggi, parlare di congresso imminente del Pd è sbagliato. I tempi saranno lunghi. Si parla della fine del 2021, ma tra comunali e Covid è realistico pensare che i gazebo si apriranno non prima dell’inizio del 2022. La rincorsa, dunque, sarà lunga, ma Bonaccini è già pronto. Il governatore, ormai, ha raggiunto fama e peso nazionale.

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"Stefano conta più di un ministro, più di un segretario…" dicono nei Palazzi romani, alti papaveri, democrat e non. In effetti, Bonaccini è un governatore di una Regione grande che, da presidente della conferenza Stato-Regioni, parla ogni giorno con i premier in carica (Conte o Draghi). Venendo alle truppe di Bonaccini, il conto è presto fatto. C’è il ‘partito dei sindaci’, ovviamente. Da Giorgio Gori (Bergamo), che per primo ne lanciò l’ascesa, ad Antonio Decaro (Bari) passando per Dario Nardella (Firenze). Ma anche sindaci del Sud giovani e brillanti come Giuseppe Falcomatà, sindaco Pd al secondo mandato, molto popolare, e sindaci del centro Italia come il giovane sindaco socialista di Fano, Massimo Seri. Poi c’è il ‘partito dei governatori’: Giani (Toscana) e forse anche De Luca (Campania). Infine, c’è un pezzo importante di correnti dem, da Base riformista (l’area guidata da Lotti e Guerini) all’area Delrio-Martina.

Bonaccini, oggi, ha tanti guai e grattacapi da risolvere, Covid in testa e ‘Casa dem’ è l’ultimo dei suoi assilli, ma resta anche un pezzo pregiato di quella ‘casa’, per quanto disastrata. Il day after le dimissioni di Zingaretti non poteva tacere. Per ‘Bonaccia’, prima di tutto vale la lealtà. Ecco il perché del post che il governatore pubblica sulla sua pagina Facebook: "Il Pd è il mio partito e io non faccio parte di alcuna corrente" è il primo punto, rivolto a chi pensa che il governatore stia giocando a risiko con le correnti democrat. Un amico romano che lo conosce bene la mette così: "Chi pensa che si farà imbrigliare dalle correnti non lo conosce". Ergo, Base riformista tifa Bonaccini? È una loro scelta. Bonaccini lavora a 360 gradi. Del resto, uno che non ha paura di trovarsi d’accordo con il leader della Lega, Matteo Salvini e che parla a tu per tu con i governatori leghisti del Nord e quelli azzurri del Sud, con gli imprenditori ‘falchi’ come con gli operai ‘rossi’, non ha bisogno di ‘correnti’. Il secondo punto del post è un attestato di stima per il leader uscente: "Con Nicola Zingaretti ci frequentiamo da ragazzi. La mia fiducia personale c’è ed è immutata, sia quando eravamo d’accordo e sia quando non lo eravamo. Penso che dimettersi sia stata una scelta sbagliata. Spero rimarrà".

Il terzo punto è quello decisivo, per tutti coloro che vorranno aiutarlo: "In tempo di pandemia il Pd non può parlare di sé stesso". "Un partito serve – è la riflessione, amara, di Bonaccini - non se discute di sé stesso, ma se affronta i problemi dei cittadini. E una classe dirigente è tale se non si divide in gruppi, ma si unisce per assumere decisioni". Parole chiare, nette, secche. Manca solo il saluto finale che si usava ai tempi del Pci: "Al lavoro, alla lotta, compagni"...