Mercoledì 24 Aprile 2024

Bombardata una base al confine polacco Mosca esulta: uccisi mercenari e istruttori

Per i russi la caserma era un centro di addestramento della Nato. Almeno 35 morti: dispersi 4 portoghesi, feriti alcuni olandesi

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di Salvatore Garzillo

YAVORIV (Ucraina)

A Yavoriv il sole sorge alle 6.43. Quando i primi raggi toccano terra, le fiamme stanno già illuminando il blocco centrale dell’International Center for Peacekeeping and Security, la base militare ucraina centrata dai missili Cruise russi partiti da Saratov, a oltre 1.700 chilometri. A 20 chilometri, però, c’è la frontiera polacca, c’è l’Europa, c’è la Nato, c’è la guerra globale. Le fonti ucraine parlano di 35 morti e 134 feriti, al momento in cui scriviamo non ci sono certezze sulla nazionalità delle vittime, i primi a farsi avanti sono stati gli olandesi, che hanno parlato genericamente di "un numero imprecisato di affiliati alla milizia straniera in Ucraina partiti dai Paesi Bassi" che "sono stati feriti nell’attacco". Mentre i media portoghesi hanno parlato di quattro connazionali "irraggiungibili" dopo essere partiti per combattere in Ucraina.

Il governo russo, invece, ha numeri diversi: "Questa mattina sono stati annientati 180 mercenari stranieri e una grande riserva di armi straniere". A parlare è il portavoce del ministero della Difesa, Igor Konashenko, riferendosi al centro di Yavoriv e Starychi, un villaggio poco distante. Ci vorrà tempo per scoprire la verità. "I russi hanno lanciato 30 missili – ha dichiarato il governatore della regione di Leopoli, Maksym Kozytskyi –. Il nostro sistema di difesa ha funzionato, alcuni razzi sono stati intercettati e abbattuti". Alcuni ma non tutti. La deflagrazione è stata così forte da far vibrare i vetri a Lviv. Perché Yavoriv non è solo vicina al confine, dista appena 50 chilometri dalla più grande città dell’ovest che fino a qualche giorno fa sembrava un rifugio sicuro per l’oceano di profughi in arrivo dal lato opposto. Leopoli, la frontiera prima della frontiera, che aveva accolto le ambasciate di tutto il mondo dopo la fuga da Kiev e che ora è stordita, spezzata nel morale e nelle prospettive. I russi sanno che è la porta d’accesso dei rifornimenti di armi per gli ucraini e avevano bisogno di mandare un messaggio chiaro.

L’International Center for Peacekeeping and Security è un luogo strategico e simbolico importante, è classificato come centro di addestramento della Nato e ospitava istruttori stranieri, soprattutto americani, canadesi e polacchi. È lì, secondo le fonti russe, che gli uomini dell’Alleanza formavano i loro nemici all’uso – tra l’altro – dei lanciarazzi che stanno scoperchiando i carri armati di Putin e stanno abbattendo i suo elicotteri.

Il sole si è alzato da qualche ora quando arriviamo a un checkpoint a meno di cinque chilometri da Yavoriv. Non c’è nessuno, gli ucraini che lo presidiavano sono andati via da poco, c’è ancora del cibo fresco poggiato su un muretto e brace accesa in un bidone. Avanziamo ancora di qualche centinaio di metri, ma un’altra unità ci sbarra la strada, la scritta "Press" sul cofano dell’auto non garantisce maniere gentili. Siamo al punto più vicino all’International Center ma di lì non si passa. Intanto decine di ambulanze continuano a sfrecciare sull’arteria principale, un risiko di barricate, checkpoint e sorpassi azzardati. La destinazione è l’ospedale di Novojavorivsk, il centro medico più vicino al disastro, dove arrivano i tanti feriti, ma anche i cadaveri estratti dalle macerie. Viaggiano su due mezzi diversi, è facile distinguerli: chi non ce l’ha fatta viaggia su furgoncini scuri con una grossa croce in bronzo piantata davanti. Non c’è abbastanza posto per tutti, per alcuni è necessario il trasporto a Leopoli, a un’ora di agonia e di distanza.

È una domenica strana, il centro è affollato di persone che cercano frammenti di normalità ma passeggiano tra statue avvolte nel pluriball e chiese puntellate da impalcature. Tutti hanno sul proprio cellulare l’applicazione che segnala i raid aerei. In caso di allarme parte un messaggio sonoro, come una sveglia, ma è una sirena. Siamo al 18esimo giorno di guerra in Ucraina, ma nell’Ovest è appena cominciata.