Blue whale, la detective: "Decine di casi. Caccia ai web killer"

Elvira D'Amato, vice questore, è membro del pool d'indagine sul delirante gioco che istiga al suicidio Blue Whale, 11enne salvato. Stava per buttarsi dal tetto

La solitudine degli adolescenti davanti agli schermi è cresciuta con il Covid

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Bologna, 22 maggio 2017 - ​«Blue whale challenge » o gioco del suicidio, tre casi individuati in tempo a Pescara, tutti adolescenti. Cinquanta prove, tra tagli sulle braccia, sveglie alle 4 del mattino e selfie da tetti o gru che portano dritte al suicidio. La domanda che in molti si fanno a questo punto è quanto si sia radicato il fenomeno in Italia. «Stiamo indagando su circa 40 segnalazioni». A rispondere è Elvira D’Amato (foto in basso) , vice questore aggiunto e membro del pool della Polizia postale che indaga sul gioco nonché responsabile del centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia on line.

Elvira D'AmatoBlue Whale, 11enne salvato. Stava per buttarsi dal tetto

Quaranta segnalazioni non sono poche?

«Potenzialmente sono molti di più i casi».

Questo cosa significa?

«Che alcune segnalazioni parlano di più persone: un gruppo o un’intera scolaresca... C’è stata un’impennata negli ultimi giorni anche grazie ai media. Le segnalazioni sono molto diverse tra loro, stiamo indagando per verificare quanti falsi positivi e casi di emulazione del gioco ci sono. Non è detto che tutti portino al Blue Whale . Alcune segnalazioni fanno riferimento agli hashtag usati sui social».

Come state procedendo?

«Stiamo cercando di distinguere i casi dove c’è la presenza di un gruppo o di un tutor che impartisce le regole ai giocatori da quelli di emulazione. La partecipazione al gioco è pericolosa e aberrante, le nostre investigazioni tendono ad acclarare se dietro c’è qualcuno. In altri termini degli istigatori».

Cosa nascondono i casi di emulazione?

«L’atto emulativo potrebbe essere potenzialmente più pericoloso del gioco. Molti ragazzi nelle chat che stiamo monitorando dicono che sono incuriositi dalle prove e vogliono giocare. Il rischio è che una volta attratti finiscano nella trappola e, incitati dal gruppo, non ne escano più».

Sappiamo che il gioco è stato inventato in Russia dove ha causato più di 150 suicidi...

«È un gioco infernale che induce alla depressione. Accompagna, in maniera quasi scientifica alla determinazione di farla finita. È una sorta di evoluzione dei circuiti della morte sui social russi, alla cui base c’era sempre una manipolazione fino all’accompagnamento alla morte».

Cosa spinge i ragazzi ad avvicinarsi al gioco?

«Il Blue Whale è una delle tante armi che hanno i giovani per avviare atti di autolesionismo. Molte storie affondano nel disagio giovanile. Tanti ragazzi, già prede di fenomeni di cutting , cascano nel gioco facilmente. Invece in altri casi la spinta è arrivata da una pericolosa curiosità. Magari seguono l’amichetto e si ritrovano nella trappola».

In Italia c’è qualche caso di suicidio dovuto al Blue Whale?

«Nessuno accertato ufficialmente. Sul caso del ragazzo di Livorno stiamo ancora indagando».

Tornando alle segnalazioni, che età hanno le potenziali vittime?

«Le segnalazioni arrivano da tutto il territorio, si parla di adolescenti. Andiamo dalle ultime classi delle medie fino alle superiori. Ma ci cascano anche ragazzotti più grandi sui 19 anni».

Leggendo i tweet e i post qualcuno segnala che sul social russo VKontakte sono nati dei gruppi italiani di giocatori. Vi risulta?

«Si sono accorti dalle notizie che il canale è quello. Sappiamo che alcuni ragazzi italiani approdano lì».

Quali azioni state mettendo in campo per arginare il fenomeno?

«A livello internazionale ci stiamo confrontando con Europol e Interpol . Abbiamo molte forme di collaborazione con diversi p rovider , percorsi accelerati per reperire dati e identificare i soggetti. Inoltre stiamo monitorando l’evoluzione degli hashtag . Per fortuna abbiamo dei canali diretti con Facebook , Twitter e altri importanti social network . Anche in questo caso chiediamo loro i log per identicare in tempo reale gli utenti».

Un appello?

«Ai genitori dico di controllare bene cosa fanno i propri figli sulla rete e se hanno segni di autolesionismo sul corpo. Un’allerta maggiore in questo momento può aiutare gli investigatori. Anche i ragazzi possono aiutare altri ragazzi. Possono segnalare direttamente alle forze dell’ordine o tramite il commissariato on line (www.commissariatops.it) casi di amici finiti nel gioco».