Blue whale, la sfida horror che spinge i giovani al suicidio

Gruppi online incitano i giovani a farla finita: "Ti ucciderai tra 50 giorni"

Rina Palenkova, vittima simbolo del 'Blue whale'

Rina Palenkova, vittima simbolo del 'Blue whale'

Bologna, 7 marzo 2017 - COME nel film ‘Suicide Club’. Qualcuno in Russia, e forse in altre parti del mondo, starebbe spingendo gli adolescenti a togliersi la vita, dopo averli coinvolti in un gioco infernale. Il macabro rituale, che dura 50 giorni, avrebbe anche un nome: ‘Blue whale’, ispirato agli spiaggiamenti delle balenottere azzurre (in realtà molto rari), che portano questi animali a morire in poche ore. Tutto nasce da un articolo pubblicato lo scorso maggio da Novaya Gazeta, il giornale su cui scriveva Anna Politkovskaya. «Ci sono stati 130 suicidi di bambini in Russia tra il novembre 2015 e l’aprile 2016. Quasi tutti questi piccoli – secondo la reporter Galina Mursaliyev – facevano parte dello stesso gruppo su VKontakte (il Facebook dell’Est, ndr)». L’inchiesta infiamma il Paese. Anche gli altri media cominciano a interessarsi del caso e i titoli su adolescenti spinti a suicidarsi dopo aver partecipato a un gioco online – riconoscibile per l’uso di hashtag in lingua russa come ‘Blue whale’, ‘Mare di balene’, ‘Svegliami alle 4:20’, ‘F57’ e ‘F58’ – si moltiplicano. 

Poco a poco cominciano a emergere le presunte regole per entrare nel ‘club dei suicidi’. Dopo essere stati accettati nella comunità, un ‘amministratore’ assegna al giocatore una serie di missioni, che vanno dall’ascoltare ossessivamente una canzone a gesti estremi di autolesionismo, per 50 giorni. Tutte le volte deve essere fornita una prova fotografica. La prova finale, dopo quasi due mesi di vessazioni, è togliersi la vita. Alcuni giornalisti provano a entrare in contatto con un amministratore, fingendosi teenager. «Da questo gioco non si torna indietro. Sappiamo tutto di te e della tua famiglia», viene detto loro. I contatti con i presunti manipolatori si sono sempre interrotti dopo il primo test.    UN’INCHIESTA condotta da Radio Free Europe, un’emittente finanziata dagli Usa che si occupa di Mosca e dintorni, rivela però che nessuno degli oltre cento suicidi registrati tra il novembre del 2015 e l’aprile del 2016 è mai stato direttamente collegato al Blue whale. Rfe insinua che la grande enfasi mediatica sul caso sia strumentale: «I politici vedono in questo fenomeno un grimaldello per affermare la necessità di controllare maggiormente il web. Lo scorso 16 febbraio in un’audizione alla Camera civica – fa notare – è stato affermato che il Blue whale è stato creato dai nazionalisti ucraini e che ha contagiato almeno due milioni di giovani russi».   IL CONFINE tra leggenda urbana, propaganda e verità è molto labile. Tra i pochi fatti certi ci sono le raccapriccianti foto pubblicate sui social dai ragazzi che sostengono di partecipare al gioco e l’esistenza di gruppi sul web che si rifanno al culto della balenottera azzurra. La loro proliferazione, spiega il sito anti bufale Snopes.com, inizia con la morte di Rina Palenkova, una teenager russa che si toglie la vita dopo aver postato una sua foto su VKontakte. Lo scatto diventa un simbolo. Sui social comincia a circolare la voce che la ragazza facesse parte di una setta votata all’autodistruzione. Anche altre due ragazze, Veronika e Yulia, rispettivamente di 16 e 15 anni, che si sono gettate da un grattacielo di Ust-Ilimsk, vengono collegate dal Daily Mail al Blue Whale.   A DARE in parte forza alla credibilità di questa storia c’è l’arresto alla fine dell’anno scorso di Philipp Budeikin, un ragazzo di 21 anni accusato di aver creato tra il 2013 e il 2016 otto gruppi su VKontakte inneggianti al suicidio. Il giovane, dichiarato sano di mente, è accusato di aver provocato la morte di 15 adolescenti. Ma secondo Lenta.ru, tra i siti russi di news più seguiti, Budeikin più che un serial killer potrebbe essere uno speculatore senza scrupoli. «Filip Lis (questo il suo soprannome sul web, ndr) voleva solo sfruttare la storia di Rina Palenkova per aumentare il numero degli iscritti alla sua pagina e accrescere i profitti derivanti dalla pubblicità. Vendeva online – ha raccontato al giornalista l’amministratore della pagina ‘Mare di balene’ – le foto della ragazza e la sua corrispondenza proprio per accrescere la popolarità del suo gruppo». Perché se l’esistenza del club dei suicidi resta avvolta nel mistero, non ci sono invece dubbi sull’eterno successo del club dei disumani.