Bimba morta a Torino: il patrigno resta in carcere. "Accusato di omicidio colposo"

Ieri Azhar Mhossine ha confessato che la bimba sarebbe caduta durante un tragico gioco sul balcone

Fiori nel punto in cui è precipitata Fatima (Ansa)

Fiori nel punto in cui è precipitata Fatima (Ansa)

Torino, 16 gennaio 2022 - Nuovi sviluppi sul caso della bimba morta Torino, precipitata giovedì sera da un palazzo nel centro della città. Azhar Mhossine, il marocchino di 32 anni fermato dalla polizia per il decesso della piccola Fatima, tre anni, è ora accusato di omicidio colposo. Resta in carcere, su decisione del gip Agostino Pasquariello che ha però  riformulato l'accusa nei suoi confronti: non omicidio volontario con dolo eventuale, come ipotizzato al momento del fermo, ma omicidio colposo.

Accolta in parte la richiesta della difesa, sostenuta dall'avvocato Alessandro Sena, dopo che ieri l'uomo ha confessato che la bimba è caduta durante un tragico gioco.

La morte di Fatima

L'avrebbe lanciata in aria e ripresa più volte, Azhar Mhossine. Un gioco che con Fatima faceva spesso e che "la faceva tanto ridere". Questo il drammatico racconto del 32enne di origine marocchine al gip durante l'interrogatorio di garanzia. "Giocavo con lei sul balcone, la mamma ci guardava di sotto. Non so come sia potuto accadere", si è giustificato l'uomo che ha ammesso anche di avere bevuto e di avere assunto dell'hashish, ma di non avere perso lucidità se non quando si è reso conto che la bimba era caduta. "Lei rideva, salutava la mamma che ci guardava dal balcone", ha detto nell'interrogatorio Mhossine. Il suo legale Alessandro Sana ieri lo ha definito "sconvolto" dopo la prima notte di carcere. "Non si dà pace adesso che è solo e sta metabolizzando la tragedia - ha sostenuto il legale -. Non dimentichiamoci che ha saputo della morte della bimba, a cui voleva bene come a una figlia, pochi minuti prima di essere interrogato in procura".

In base al racconto di Mohssine, la bambina avrebbe raggiunto da sola la sua abitazione, che si trova sopra quella in cui viveva con la madre, indosso il pigiamino e le calze antiscivolo ai piedi.

L'uomo, che stava bevendo con alcuni amici poche ore dopo essere stato condannato a otto mesi in un processo celebrato con il rito abbreviato per il possesso, da lui negato, di una cinquantina di grammi di hashish, l'avrebbe presa in braccio e sarebbe andato sul balcone a salutare mamma Lucia, al piano di sotto sul ballatoio.

Poi quel tragico gioco, davanti allo sguardo della madre. "Non ero ubriaco", ha ripetuto l'uomo che subito dopo è corso in cortile dove, accanto alla bambina agonizzante, c'era Stefania, la panettiera che aveva finito il turno ed era uscita per vedere cosa fosse accaduto dopo "aver sentito un tonfo, come fosse caduta una cassa di bottiglie d'acqua".

"La mia bambina, la mia bambina", urlava Mohssine, mentre arrivavano i soccorsi. In ginocchio, accanto alla figlia, c'era anche Lucia, 41 anni, "che ha visto tutto", ha detto al gip il suo compagno.