Bimba morta di stenti Le analisi e l’orrore: tranquillanti nel biberon per non farla piangere

Test tossicologici, i pm pronti a contestare la premeditazione alla mamma. Nello stomaco di Diana pezzi di cuscino: stordita, cercava da mangiare

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di Anna Giorgi

É stata drogata Diana Pifferi, la bimba di 18 mesi lasciata morire di fame e di sete dalla madre Alessia, di 37 anni, ora in carcere con l’accusa di omicidio. I primi esiti degli esami tossicologici hanno isolato tracce di benzodiazepine nel latte contenuto nel biberon, ma anche nei capelli e nello stomaco di Diana. Oltre al potente sedativo che le avrebbe indotto una "letargia", come spiegano i medici che hanno eseguito l’esame sul cadavere della bimba, nello stomaco di Diana c’erano anche tracce del materiale di cui è composto il cuscino. É ipotizzabile quindi, che nei sei giorni in cui Diana è rimasta sola in casa, abbia cercato di mangiare, ma stordita dai tranquillanti nel latte e disidratata dal caldo torrido di luglio (era in un monolocale senza aria condizionata e con le finestre chiuse), non sia riuscita ad alzarsi dal lettino da campeggio in cui dormiva abitualmente, finendo per ingoiare il cotone del cuscino. Per lo stesso motivo, cioè la droga somministrata, Diana non sarebbe riuscita nemmeno a reagire, a piangere, urlare richiamando l’attenzione di qualcuno dei vicini.

I primi esiti degli accertamenti hanno stabilito anche che la piccola è morta nelle 48 ore antecedenti al ritrovamento del corpo. Con la conferma che Diana è stata drogata cade tutto il castello costruito dalla difesa secondo cui la bimba era morta nei primissimi giorni e per cause che non dipendevano dalla condotta della mamma. Viene meno anche la possibilità che ad Alessia Pifferi si possa contestare solo la "morte come conseguenza di un altro reato", cioè le lesioni. Ribaltando il ragionamento, se Alessia non avesse drogato Diana – come aveva sostenuto, invece, fino a convincere anche i suoi legali – la piccola sarebbe stata in grado di alzarsi dal lettino da campeggio, avrebbe camminato in casa, bevuto l’acqua nella bottiglietta che era vicino al letto, avrebbe pianto, urlato e forse qualcuno l’avrebbe aiutata. Risposte definitive arriveranno comunque dalla relazione finale sull’autopsia che sarà depositata nei prossimi giorni e indicherà i quantitativi di droga trovati nel corpo. Solo dopo, si potrà stabilire con precisione in quale modo questi possono aver inciso sull’agonia e poi sul decesso. A questo punto cambia di molto il quadro giudiziario della mamma. Omicidio aggravato dalla premeditazione: dolo pieno, abbandono di minore, minore età della vittima e vincolo parentale.

Una serie di aggravanti che la portano dritto all’ergastolo. L’ultima carta che può giocarsi la difesa è la incapacità di intendere e volere della donna. Per il suo avvocato Solange Marchignoli, il comportamento "seduttivo" della donna, che avrebbe convinto anche loro di non avere mai drogato la bimba sarebbe il segnale evidente di una doppia personalità e quindi di un grave vizio di mente. Partirà nei prossimi giorni, poi, l’incidente probatorio su biberon, bottiglietta d’acqua e boccetta di En, allargato dal gip Fabrizio Filice, su richiesta dei legali di lei, anche all’appartamento, al pannolino, al cuscino e al materasso.