Bimba morta di stenti La madre: ero col mio compagno "Pensavo le bastasse un biberon"

La donna ha confessato: "Tremavo per lei, ma il futuro con il mio fidanzato era più importante"

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di Anna Giorgi

"Non sono una cattiva madre, sono sempre stata una ragazza sola e la situazione era davvero pesante". Alessia Pifferi, la mamma di 37 anni che ha lasciato morire di stenti la piccola Diana di 18 mesi, lo dice da giorni davanti ai giudici che hanno convalidato il suo arresto e lo ha ripetuto anche dalla sua cella di San Vittore in cui si trova in regime si sorveglianza rafforzata per evitare che commetta gesti estremi. Nell’interrogatorio davanti al gip Fabrizio Filici, la Pifferi ha ammesso parziali verità che hanno aiutato gli inquirenti a rimettere in fila le ultime, drammatiche, ore della piccola Diana e anche i motivi che hanno spinto la donna a maturare una tale atrocità: lasciare una bambina così piccola in casa da sola per sette lunghi, afosi, giorni, senza acqua e senza cibo. "Volevo essere libera, ero stanca. Avvertivo l’esigenza di respirare e di avere spazi tutti miei. Sì sapevo, immaginavo, avevo paura che la bimba potesse morire, dall’altra parte però avevo paura anche della reazione e del giudizio negativo di mia sorella Viviana con cui non avevo un bel rapporto e anche della reazione del mio compagno Angelo Mario D’Ambrosio con cui ero appena tornata insieme. Se ora ci ripenso la mia percezione è che quelle due paure avessero pari forza, senza che una fosse prevalente sull’altra".

E ancora si legge nelle carte del verbale: "Quando passavano i giorni ho cominciato ad avere realmente paura che Diana potesse morire,a nche se speravo che il biberon le bastasse. Avevo avuto una discussione con Mario e lui mi aveva detto che mi avrebbe riaccompagnata a Milano, poi però ho visto che mi prendeva la mano e che si dirigeva verso Leffe, lì ho capito che saremmo tornati a casa sua e non ho detto niente di Diana". Ma non solo la voglia di "respirare" ha generato l’orrore, anche la percezione che quella figlia non desiderata, nata senza che lei sapesse nemmeno chi era il padre, ostacolasse la storia d’amore con D’Ambrosio, elettricista di 58 anni conosciuto in chat. Una storia fatta di montagne russe, bugie, liti e gelosie feroci che lei, però, voleva a tutti i costi e difendeva anche davanti alle amiche. Voleva un futuro con quell’uomo, al punto da togliere qualsiasi futuro alla vita di sua figlia.

"Ci contavo su quella storia, per questo ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni con lui, perché dovevo capire se la storia andava in porto.. anche quando pensavo che Diana stesse per morire, non ho pensato di tornare a casa da mia figlia, ma ho pensato solo a restare lì, a Leffe". Alessia Pifferi è in carcere con l’accusa di omicido volontario aggravato. Il giudice ha escluso la premeditazione, ma il quadro potrebbe cambiare se l’autopsia confermasse che la madre ha somministrato alla piccola benzodiazepine perché non urlasse e perché nessuno si accorgesse che aveva bisogno di aiuto.