
Continua la disperata corsa contro il tempo per tentare di salvare Indi Gregory, la bimba inglese di 8 mesi nata con una grave patologia mitocondriale degenerativa. Il giudice dell’Alta corte londinese, Robert Peel, ha stabilito che i supporti che la tengono in vita al Queen’s Medical Centre di Nottingham saranno rimossi oggi alle 15, ora italiana. I genitori della piccola – che lo scorso 6 novembre ha ricevuto la cittadinanza italiana al termine di un Consiglio dei ministri straordinario – avevano programmato di trasferire Indi a Roma, dove i medici dell’ospedale Bambino Gesù si erano offerti di prestarle le cure negate nel Regno Unito. "Non ho mai chiesto nulla in vita mia – ha dichiarato il papà, Dean Gregory –, ma ora prego il governo britannico di aiutarci a salvare nostra figlia".
Rifiutata ai genitori anche la richiesta di portare la bambina a casa per farla spirare tra i suoi cari. Secondo il giudice Peel, le cure palliative al domicilio sarebbero "contrarie al migliore interesse" della piccola. Inascoltato pure l’intervento del console italiano a Manchester, Matteo Corradini, di indirizzare Indi al Bambino Gesù, dopo il provvedimento urgente di Palazzo Chigi. Ma i familiari hanno annunciato di voler proseguire fino all’ultimo istante la loro battaglia. Sostenuti dal Christian Legal Centre – un gruppo di impronta religiosa che ha fornito loro l’accesso ad avvocati specializzati – ieri hanno presentato ricorso, confermato dall’associazione Pro Vita & Famiglia onlus, che sta seguendo dall’Italia gli sviluppi della vicenda, in stretto contatto con i legali inglesi e i genitori di Indi.
Sono ore di ansia e disperazione.
Il curatore italiano della minore sta tentando febbrilmente di negoziare una soluzione con i sanitari di Nottingham, che consenta di risolvere l’intricata situazione senza ricorrere al conflitto di giurisdizione. "È vergognoso che si ignori l’offerta del governo italiano – ha detto Gregory –. Ho dovuto affrontare ripetute minacce da parte dell’ospedale. Hanno cercato di intimidirmi e di accelerare la morte di Indi, anche con ordini del tribunale in sospeso. Non sembra esserci alcuna attenzione o compassione, solo crudeltà verso di noi come famiglia. Mi sembra di essere stato trascinato all’inferno. Non può esistere un inferno senza un paradiso, mia figlia deve andare in paradiso, per questo voglio farla battezzare". La vicenda ricorda quella dei piccoli Charlie Gard, Alfie Evans, Archie Battersbee e Sudiksha Thirumalesh. La ripetizione di così tanti casi di fine vita nel Regno Unito "fa vergognare il nostro Paese", conclude Dean.