Bezos e gli altri Moderni padri pellegrini

Cesare

De Carlo

The Sky is the Limit, proclamava James Bond. Era la

metà degli anni Settanta. Il suo creatore Ian Fleming era morto da un decennio e non avrebbe immaginato che il cielo per l’uomo sarebbe diventato un punto di partenza e non un limite. Era già cominciata la corsa spaziale, questo sì. La

prima fase della corsa spaziale, con i sovietici in vantaggio. E dunque Fleming vide il formidabile recupero degli americani. Ma sempre in una

dimensione orbitale. Non vide la fuoriuscita da quel limite. Non gli sbarchi sulla Luna. Non le missioni degli shuttle. Non la stazione spaziale e tanto meno

il pensionamento della mitica Nasa. Troppo cara. Ecco perché Obama la appiedò lasciando campo libero ai privati. Ebbene questi privati stanno diventando i padroni

dello spazio. Si chiamano Richard Branson, Jeff

Bezos, Elon Musk. Un britannico e due americani.

Miliardari. E cosa li muove? Il business, in quella logica demonizzata ancora oggi dagli orfani sconfessati del socialismo reale? No o non solo. Più dell’avidità, li muove l’avventura. Perché, se così non fosse, non si sarebbero

imbarcati sui loro veicoli spaziali in età più che matura. Branson ha 71 anni, trenta più di quanti ne avesse Cristoforo Colombo per il quale il limite erano le colonne d’Ercole e l’inammissibilità di una Terra

rotonda. Jeff Bezos è prossimo ai 60 e con lui ieri, nella capsula, c’erano una signora di 83 anni e un adolescente di 18.

Per loro come per Elon Musk, che presto dovrebbe imitarli, vale l’anelito di Cristoforo Colombo: scoprire un altro mondo. Un mondo, in cui i Padri Pellegrini avrebbero praticato quelle libertà religiose e personali negate nell’Europa dell’assolutismo.

Jeff Bezos punta a colonizzare la Luna. Elon Musk vuole fondare su Marte una città di un milione di abitanti. Domani, non dopodomani. I loro programmi spaziali costano seicento volte meno di quanto

avrebbe speso la Nasa.

E grazie a loro i nuovi Padri pellegrini lasceranno una

Terra che si sta snaturando.