Mercoledì 24 Aprile 2024

Berlino gigante in politica Col volto umano

Roberto

Giardina

Gigante economico, nano politico. L‘accusa, con sfumature derisorie, è vecchia di almeno 50 anni, prima ancora della riunificazione. Ma appena i tedeschi fanno sentire la loro voce, e perfino se si azzardano a dare dei consigli, ecco subito la reazione: come osate? I soliti crucchi che vogliono dominare il mondo, come al tempo del Kaiser e, peggio, di Hitler. Se i tedeschi tentano una mossa controcorrente in politica estera o economica, l’accusa è scontata: pensano solo ai loro interessi, non ci possiamo fidare. Ma è un’accusa fondata? Non proprio.

Nel 1970, Willy Brandt iniziò la sua Ostpolitik, la politica di distensione verso l’est. Il suo consigliere Egon Bahr andò a Washington per avvertire gli americani. Non siamo d’accordo, rispose Kissinger. Sono venuto per informarla, non a chiedere il permesso, disse Bahr. Fu il primo passo verso la normalizzazione che nell’’89 portò alla caduta del muro di Berlino. Brandt fu accusato di essere un agente di Mosca. Helmut Kohl e Gerhard Schröder dissero "nein" alle guerre dei Bush contro l‘Iraq. Angela Merkel si è tenuta fuori dall’intervento in Libia e in Siria. Una traditrice per Obama. E quando cinque anni fa accolse un milione di disperati, rischiando di perdere i suoi elettori, l‘accusarono di voler solo lavoratori siriani per le sue Industrie. Non è vero, giunsero dal Maghreb, dal Pakistan, dall‘Afghanistan. E ben pochi erano diplomati o operai specializzati. Impossibile credere che un politico tedesco possa compiere un gesto per ragioni umane. Sempre cattivi questi tedeschi.