Foreign fighter ucciso L’amico italiano al fronte "Sui razzi contro i russi ci sarà il nome di Ben"

Alessio, 42 anni, sardo, ha combattuto al fianco di Giorgio Galli: "Nei momenti difficili ci aiutava a tenere alto il morale. Lo vendicheremo"

Bedere Valcuvia  (Varese) - «Faremo una cerimonia tra di noi, incideremo il nome di Ben su proiettili e razzi da lanciare contro i russi. È il nostro modo per onorare i caduti". Alessio N., 42 anni, originario della Sardegna, è un foreign fighter italiano che per mesi ha combattuto fianco a fianco con Benjamin Giorgio Galli, il 27enne italo-olandese morto per le ferite riportate in un bombardamento russo. Sono entrati in Ucraina entrambi all’inizio di marzo, e si sono conosciuti nelle brigate internazionali formate per contrastare l’esercito di Putin. Alessio e Benjamin sono stati feriti lo stesso giorno, nella stessa zona finita sotto il fuoco dell’esercito russo. Alessio, già reduce da un mese e mezzo in ospedale per un’altra ferita, si è salvato. Benjamin, invece, è stato colpito alla testa, ed è morto domenica all’ospedale di Kiev, dove era stato trasportato nel tentativo di salvargli la vita. I suoi genitori, Gabiel Galli e Mirjam Van der Plas ieri hanno partecipato a una commemorazione con le autorità militari nella capitale ucraina. La salma verrà trasportata a Winterswijk, città olandese di 30mila abitanti al confine con la Germania dove risiedeva la famiglia, e poi da lì verrà portata in Italia. I genitori hanno deciso di seppellire Benjamin nella cappella di famiglia ad Abbiate Guazzone, frazione di Tradate, nel Varesotto. "Siamo orgogliosi di lui", spiegano.

Alessio, come ha conosciuto Benjamin?

"Siamo stati tra i primi stranieri ad arrivare in Ucraina, all’inizio di marzo. Lui parlava bene inglese e all’inizio mi aiutava a comunicare con gli altri. Abbiamo seguito insieme l’addestramento, abbiamo combattuto insieme. Io sono nelle forze speciali. Lui invece era inserito nel plotone ‘Alfa bravo’. Ben era un ‘machine gunner’, sapeva usare alla perfezione tutte le armi da sparo, dall’Ak47 al fucile d’assalto M4. Era un bravissimo soldato, una persona dal cuore grande. Amava cucinare, era sempre allegro e nei momenti difficili ci aiutava a tenere altro il morale perché siamo finiti all’inferno".

C’erano altri italiani con voi?

"Per un periodo siamo stati con Giulia Schiff (ex pilota dell’Aeronautica partita come volontaria per l’Ucraina, ndr) , poi lei è rientrata in Italia. Ho conosciuto anche un altro italiano, che però è rimasto solo per due settimane. Adesso nel mio gruppo ci sono 14 stranieri, che provengono da Stati Uniti, Australia, Lituania, Brasile e Polonia. Molti, quando si sono resi conto che stavano rischiando veramente la vita e che non era un gioco, sono fuggiti. Noi siamo rimasti al nostro posto. Ricordo che Ben diceva sempre che sarebbe rimasto in Ucraina fino alla fine della guerra. Noi adesso abbiamo il compito di portare avanti la sua battaglia".

Quando lo ha visto per l’ultima volta?

"Ci siamo incontrati pochi giorni prima di quel maledetto bombardamento. Mi ha detto: ‘Quando la situazione sarà più tranquilla andiamo a prenderci due birre’. Si aiutava per camminare con una stampella perché diceva di avere un legamento dolorante, però ha deciso di andare lo stesso a combattere. Era giovane ma aveva le palle, era coraggioso. Quando arrivavano i nuovi soldati era sempre il primo che andava ad aiutarli, spiegava quello che dovevano fare e non lasciava nessuno indietro. Era un soldato perfetto, aveva la mentalità del militare. Ha partecipato a missioni pericolosissime, ha rischiato la vita un’infinità di volte".

Come è avvenuta la sua morte?

"Siamo rimasti sotto le bombe per 24 ore, un’offensiva terribile. Io e Benjamin eravamo in due zone diverse e siamo stati entrambi colpiti da una bomba. Io sono stato fortunato perché la scheggia è entrata dal fianco ed è uscita dal petto provocando danni limitati. Lui, invece, è rimasto ferito alla testa. Quando lo hanno portato via era già in coma, ed è morto domenica scorsa a Kiev".

Come sta evolvendo la guerra nella vostra zona?

"Siamo riusciti a ripulire e riconquistare 100 chilometri di villaggi, i civili ci hanno accolto benissimo, offrendoci frutta e cibo. Poi i russi hanno contrattaccato a Kupjans’k. Adesso è l’inferno, si combatte nelle città e nei boschi. Io devo stare in ospedale ancora per qualche giorno, altrimenti sarei al fronte con gli altri. Ho visto tanti civili uccisi, i russi hanno commesso atrocità che non si possono immaginare".

Che cosa l’ha spinta a lasciare la Sardegna e a partire per l’Ucraina?

"Io e Benjamin abbiamo due storie diverse. Preferirei non parlare di me, vorrei solo che il mio amico fosse ricordato per quello che era: un ragazzo forte e coraggioso. Incideremo il suo nome su proiettili e razzi, come facciamo sempre con i nostri caduti. Può sembrare un’usanza un po’ barbara ma è il nostro modo per commemorarli".