Venerdì 19 Aprile 2024

Il bilancio degli Stati Generali. Belle parole, ma adesso atti concreti

La partita è finita da tempo, con la conclusione degli Stati Generali sono terminati anche i supplementari, adesso si va ai rigori. Bun bum bum, chi sbaglia è fuori.

Ecco il senso della settimana che si è conclusa ieri a Villa Pamphili, e che ha visto il premier esibire il solito rosario di buone intenzioni. Niente di strano, fa parte del ruolo e non c’è presidente del consiglio che non abbia fatto sfoggio di ottimismo e coniugato i propri verbi al futuro. Adesso la "concretezza" chiesta da Mattarella deve però tradursi in atti parlamentari e provvedimenti legislativi, e senza voler arrivare al tafazzismo di un Pd che si sta scannando per un congresso previsto per il 2023, il premier sa che senza una qualche forma di svolta appunto "concreta" il primo a trovarsi in difficoltà sarà lui.

Le occasioni non mancheranno, e la vicenda Mes è in cima alla lista. Ecco il motivo per cui Conte ieri ha provato a dividere l’oppposizione, promettendo di ricevere separatamente le delegazioni di Forza Italia ("È più dialogica") da Lega e Fd’I, mossa insolita e condotta sul filo del fuorigioco dello sgarbo istituzionale. Un modo per costruirsi però una via di fuga, e nello stesso tempo la presa d’atto di una impasse politica da cui il governo è obbligato a uscire. È vero, il presidente del consiglio ha compreso che dopo la chiusura della finestra elettorale, dopo che i renziani si sono allineati, dopo che il dissenso interno al Pd si è ridotto alla solita gazzarra colorita ma inoffensiva, lui ha bisogno dei partiti della maggioranza per lo meno quanto loro hanno bisogno di lui. Ma se l’economia continuerò a boccheggiare, alla legge delle plurime convenienze politiche che tiene in piedi il governo subentrerà quella della forza. La forza dei numeri e dei bilanci, familiari e aziendali. Conta più quella.