Mercoledì 24 Aprile 2024

Bce, critiche inutili Servono azioni virtuose contro la recessione

Antonio

Patuelli*

In vent’anni di vita dell’euro questa è la prima ondata di cospicua inflazione che colpisce anche le economie che partecipano alla solida moneta unica. L’inflazione è causata da fattori prevalentemente esterni che incidono sulle economie di tutta l’Europa, indipendentemente dalle monete che vi circolano: è soprattutto dovuta all’impennata dei costi dell’energia connessi alla guerra russo-ucraina e alle imprudenze degli Stati che non avevano ben differenziato le fonti di energia.

È finito un lungo periodo di pace, dopo la fine della guerra fredda e la caduta del muro di Berlino, ed è in atto un parziale ritorno alle dinamiche di potenza del Novecento e addirittura dell’Ottocento, come la guerra di Crimea. Innanzitutto per motivi umanitari, ma anche per sconfiggere l’inflazione in Europa, occorre fare urgentemente ogni sforzo per fermare la guerra russo-ucraina e la connessa spirale di guerra economica. Ma "organizzare la pace è più difficile che organizzare la guerra", ci insegnava Giorgio La Pira. Oltre a perseguire con ogni sforzo la fine della guerra, occorre valutare i fattori economici con razionale freddezza.

Le decisioni delle Banche Centrali sui tassi sono inappellabili come quelle della Corte di Cassazione: a poco serve commentarle, mentre è importante studiarle. Anche dopo l’ulteriore aumento dello 0,50%, il tasso principale nell’Europa dell’Euro (ora 2,5%) rimane fra i più bassi al mondo, molto inferiore a quelli Usa (4,5%) e di quasi tutto il resto d’Europa: Gran Bretagna 3,5%, Ungheria 13%, Repubblica Ceca 7%, Polonia 6,75%, Norvegia 2,75%, mentre la vicina Russia ha il 7,5%. Le altre grandi economie del mondo hanno pure tassi più alti di quelli dell’Euro, come la Cina al 3,65% e l’India 6,25%, mentre il sud America ha tassi multipli.

Insomma, tuttora è conveniente fare investimenti produttivi nell’Europa dell’Euro dove i tassi rimangono fra i meno costosi, nonostante non siano più a zero. Le Banche Centrali stanno quasi tutte facendo crescere il costo del denaro innanzitutto per combattere l’inflazione che non può, però, essere sconfitta solo con restrizioni monetarie: occorrono scelte economiche strategiche che innestino cicli virtuosi di sviluppo economico, risanamento dei bilanci e riduzione dei debiti pubblici che gli aumenti dei tassi rendono più onerosi.

Purtroppo, nel ventennio di quasi ininterrotti tassi bassissimi dell’Euro, in Italia il debito pubblico non è stato ridotto, ma è costantemente cresciuto. Sono, invece, inefficaci i calmieri e i sogni di blocco dei prezzi.

L’aumento dei tassi rischia di potenziare le spinte alla recessione economica che occorre contrastare in ogni altro modo, tenendo conto che l’Italia produce anche sorprese positive, come per le esportazioni che nei primi nove mesi del 2022 sono cresciute addirittura del 21,2% rispetto a un anno prima.

Lo spread, cioè la differenza dei rendimenti dei Titoli di Stato, viene solitamente analizzato su quelli decennali, dove l’Italia, venerdì scorso, era gravata da 213 punti base rispetto alla Germania. Ma diverso è il confronto fra i rendimenti dei Titoli di Stato di più breve durata, come quelli a sei mesi, dove l’Italia venerdì era penalizzata di soli 21 punti base rispetto alla Germania. Insomma, non bisogna sottovalutare, ma nemmeno sopravvalutare le difficoltà attuali dell’economia italiana e non si deve disperdere quel clima di fiducia o almeno di speranza che ha caratterizzato la cospicua ripresa dopo i mesi più difficili della pandemia.

*Presidente Associazione

Bancaria Italiana