Battaglia sulla bolletta energetica. "Transizione ecologica suicida"

Rincari record, i partiti chiedono un freno. Tabarelli (Nomisma): "Ecco perché il piano europeo non regge"

Auto elettrica

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1  Zero emissioni: Nel 2018 la Commissione europea, presieduta da Ursula von der Leyen (foto), ha dato via libera alla strategia a lungo termine per raggiungere entro il 2050 la completa decarbonizzazione in Ue. 2  L’allarme: Ieri il vice presidente della Commissione Ue Frans Timmermans ha messo le mani avanti: "La transizione non si paralizzi a causa dei prezzi dell’energia".

Roma, 15 settembre 2021 - "La transizione ecologica, a differenza di quello che ci raccontano gli ecologisti sognatori e la Commissione Ue, non regge economicamente e non garantisce la sicurezza dell’approvvigionamento dell’energia che serve al nostro Continente". È senza fronzoli o concessioni al manierismo green imperante e politicamente corretto il verdetto di Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia, un addetto ai lavori di primo piano non iscritto al "gretismo" dominante: "Questo sacrificio europeo – incalza – mi ricorda tanto certe pratiche del nostro Medioevo quando eravamo all’“avanguardia“ anche nella religione e per espiare i nostri peccati ci frustavamo. Oggi lo facciamo per espiare il peccato della Co2".

Il rincaro record delle bollette è il primo assaggio di quello che pagheremo per la svolta verde per come è stata concepita a Bruxelles?

"Non c’è un collegamento diretto, nel senso che non avevamo bisogno di questi segnali di difficoltà per ipotizzare il fallimento di quelle politiche basate esclusivamente sulle rinnovabili. Diciamo le cose come stanno: dobbiamo continuare a lavorare sulla transizione ma garantendo che ci sia gas e che ci sia produzione di elettricità anche da altre fonti non rinnovabili perché quando non c’è il sole e non c’è il vento i prezzi non è che schizzano e basta, tendono all’infinito. Per capirci: io non voglio rimanere chiuso in un ascensore, perché soffro di attacchi di panico e in quel momento il mio prezzo dell’energia è infinito".

Da che cosa dipende, nello specifico, quello che accade in queste settimane?

"Abbiamo una carenza fisica di gas, non abbiamo molte scorte perché l’inverno è stato lungo. Aggiungo che la Russia non consegna molto: o perché ci sono ragioni politiche o perché ci sono problemi tecnici. La Norvegia consegna meno. E poi c’è il gas liquefatto destinato all’Europa che oggi va tutto in Asia, per il boom della domanda che si registra lì. Senza contare i prezzi per i diritti di emissione della Co2 che sono schizzati: la politica green pone obiettivi ambiziosi e per il sistema industriale è un grosso problema. Ma mi faccia aggiungere una considerazione a margine".

Quale?

"Noto, per inciso, che forse si trascura che il gas deve servire innanzitutto per scaldarsi, perché, se saremo costretti a ridurre le temperature nei condomini, i primi a pagare, con la salute, saranno i pensionati poveri".

Ma perché non funziona la transizione ecologica per come è stata ipotizzata?

"Perché non abbiamo bisogno solo di energia. Abbiamo bisogno di energia concentrata, di densità energetica, di accumuli. Ebbene, non possiamo accumulare l’energia del sole o del vento: basta vedere quello che succede in Gran Bretagna in questi giorni, dove non c’è vento e i prezzi sono schizzati a 400 euro per magawattora. Insomma, è un rischio enorme avere le rinnovabili senza accumuli: è vero che qualcosa si sta facendo, la ricerca ci dà speranze, ma siamo lontanissimi dall’avere quantità paragonabili a quelle delle fonti tradizionali".

Un rischio senza rimedi?

"Un suicidio. Ma queste cose le sanno anche coloro che gestiscono i sistemi elettrici. E infatti hanno messo insieme un mercato della capacità, come lo chiamano: un sistema che richiede che per ogni impianto di rinnovabili ve ne sia uno a gas pronto a partire se le rinnovabili non ci sono. Il problema è che anche questa garanzia si basa sul gas. E se non c’è, è un problema".

Una trappola, insomma. Da un lato una transizione ecologica impossibile nei termini indicati e dall’altra il tentativo di abbandonare le fonti tradizionali troppo presto.

"È così. E quello che sta accadendo è una conferma".

Ma perché la Commissione europea e i governi nazionali non si sono resi conto del pericolo fino a oggi?

"Per due ragioni. La prima riguarda i prezzi: fino a oggi sono stati sempre bassi. La seconda è politica: in questi anni vincono le tendenze che hanno puntato sull’ecologia e sui rischi connessi al cambiamento climatico. Sono al potere ambientalisti alla Timmermans che vedono nell’ecologismo una redenzione dal cattivo capitalismo europeo che inquina: è vero l’industria europea ha inquinato, ma meno di altre. Il risultato è che ci si è dimenticati completamente degli altri due aspetti-chiave della politica energetica: la competitività e la sicurezza degli approvvigionamenti".

Il ritorno al nucleare può essere la soluzione?

"Può esserlo se i mari aumentano di un metro. Se diventa terribilmente grave l’emergenza della Co2. Se accadesse avremmo bisogno con urgenza del nucleare, ma non di quello pulito, che non esiste, del nucleare a basta. Certo, penso comunque che le 56 centrali che sono in Francia e che funzionano a manetta sono per noi una fortuna: se no, rimarremmo al buio. La Cina sta costruendo altre venti centrali, a sua volta, e meno male che lo fa perché l’alternativa sarebbe il carbone".

Dunque, dovremmo pensarci anche noi direttamente?

"Con qualche dubbio, sì. Ma quello che dovremmo fare prima e che non riusciamo a fare è un’altra cosa: utilizzare o costruire laghi in alta montagna per generare accumuli idroelettrici. Li abbiamo sempre fatti, ma in Europa non si vuole più farlo e tanto meno in Italia: ogni progetto, del resto, ha pronto il suo comitato per il No".

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