Giovedì 18 Aprile 2024

Battaglia per la rete Tim Cdp e Macquarie rilanciano, sul piatto 20 miliardi Ma c’è l’incognita Vivendi

Offerta non vincolante con condizioni migliori di quelle proposte dal fondo Kkr. Per i francesi, primi azionisti con potere di veto, l’asset vale 31 miliardi. La NetCo dovrà avere anche l’ok dell’Antitrust per tutelare i consumatori

Migration

di Antonio Troise

Venti miliardi, di cui fino a 12 cash e 8 di "debito". Cassa depositi e Prestiti presenta la sua offerta per acquistare il 100% della cosiddetta Netco, il veicolo societario che al suo interno racchiude la rete primaria che dalle centrali va agli armadietti, la rete secondaria di Fibercop che dagli armadietti entra nelle case di tutti gli italiani e la rete dei cavi sottomarini di Sparkle. Ieri un cda straordinario ha dato il via libera per l’offerta, già ricevuta da Tim, che sarà sottoposta al cda il 15 marzo. La proposta firmata dalla controllata Cdp Equity, sarà valida fino al 31 marzo, non è vincolante ed è stata presentata insieme con il fondo Macquarie. Sfuma, quindi, il coinvolgimento nell’operazione di Open Fiber, controllata al 60% da Cdp. Se le indiscrezioni saranno confermate, l’offerta è sicuramente migliore di quella già presentata dal fondo americano Kkr che prevedeva sempre una valutazione della rete fissa per 20 miliardi ma minore liquidità per le casse di Tim: 10 miliardi di debito e altrettanti di "equity".

Ma la battaglia è appena agli inizi. E sulla strada di Cdp e Macquaire ci sono ancora due grossi ostacoli. Il primo è rappresentato dai francesi di Vivendi, primi azionisti di Tim, con il 23,8% delle quote e che continuano a valutare la rete fissa circa 31 miliardi di euro. E, dal momento che la vendita riguarda un asset strategico della società e, in quanto tale, dovrà passare per l’assemblea, il gruppo transalpino può esercitare di fatto un potere di veto.

C’è poi da considerare il nodo dell’Antitrust. Cdp, infatti, insieme con Macquarie, controlla Open Fiber, il principale competitor del colosso telefonico almeno per la fibra. L’operazione potrebbe, quindi, finire nel mirino dell’autorità che vigila sul mercato e essere sottoposta a vincoli particolari per tutelare la concorrenza e i consumatori. Da questo punto di vista il fondo Kkr potrebbe avere qualche chances in più. Ma, a sua volta, dovrà fare i conti con la volontà del governo di mantenere in mani italiane un’infrastruttura strategica come quella della rete Tim. Non escludendo neanche la possibilità di esercitare la "golden power". Insomma, la battaglia è appena cominciata.