Basta Monica, dicci la verità: dive si nasce

Migration

Viviana

Ponchia

Sono almeno dieci anni che Monica Bellucci dice di non essere una diva ma solo una donna, una madre e un talento da tenere allenato, senza meriti per la bellezza. E ogni volta la ignoriamo collocandola nell’Olimpo con Eleonora Duse e Greta Garbo, Marlene Dietrich e Rita Hayworth. Perché se lassù non ci sta lei, per le altre non c’è speranza. Perché a volte è di questo che abbiamo bisogno: sentirci divine. In ogni donna si annida una Marilyn che vorrebbe essere riconosciuta. Magari non tutti i giorni e non da tutti, una onesta precaria del consenso schiava del pubblico che ha a disposizione, una creatura di bocca buona che nei momenti di bassa autostima si accontenta persino del cat calling.

Questa aspirazione più o meno dichiarata fa la fortuna dei parrucchieri, dei chirurghi plastici, degli psichiatri e degli astrologi. Se la Bellucci avesse un minimo di coraggio direbbe chiaro e tondo che dive si nasce e ci metteremo il cuore in pace. Siccome invece ne fa una questione di duro lavoro su se stesse, noi ci tiriamo su le maniche e lavoriamo ficcandoci dentro un ingranaggio competitivo infernale. Per strada c’è sempre quella che vuole strafare: tacco 12 alle 8 di mattina, un ricciolo disfatto sull’occhio destro, il sentore di chissà quale notte. Proprio oggi che IO mi sentivo divina. Una vera nativa dell’Olimpo, ritardataria e capricciosa ai limiti del ridicolo e della maleducazione. Monica, quanto ti capisco: mi sono sopportata per circa mezzora.