Giovedì 25 Aprile 2024

Bassolino e Renzi mettono nei guai il Pd

Per Letta sempre più difficile il rebus delle comunali. A Napoli l’ex sindaco in campo, a Bologna la Conti spariglia i giochi dem

Isabella Conti, 38 anni, con Matteo Renzi, 46, in uno scatto del 2015

Isabella Conti, 38 anni, con Matteo Renzi, 46, in uno scatto del 2015

La mossa di Matteo Renzi su Bologna, dove a sorpresa il leader di Italia viva ha proposto la candidatura della sindaca di San Lazzaro Isabella Conti, è servita a far capire a tutti che, nonostante si ritrovi ammaccato dai sondaggi, l’ex premier fiorentino ha intenzione di giocare da protagonista la partita delle amministrative di ottobre. Se non in pressing, per lo meno in contropiede. Anche perché, restando sempre nella metafora calcistica, gli spazi ci sono. Eccome. Renzi lo sa e bracca la preda ferita. Nel suo mirino, ovviamente, l’alleanza Pd-Cinquestelle.

Se è vero che tutti i partiti sono in ritardo nella definizione delle candidature, il centrosinistra è quello che rischia di più visto che le città più importanti al voto sono adesso tutte governate dal "campo largo" Letta-Conte. Partendo da cinque a zero (Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli), può solo far peggio. E tra tutti quelli che rischiano, è certamente Enrico Letta a giocarsi la partita della vita. Per adesso i dissidi interni al Pd si sono placati ma se, a ottobre, il Pd dovesse perdere, e magari perdere male, a Roma, Napoli e addirittura Bologna, la segreteria Letta subirebbe un colpo non da poco. Ecco perché Renzi mette le sue zeppe nel percorso a ostacoli del segretario dem: Isabella Conti e Carlo Calenda a Roma. Tanto più insidiose perché si tratta di zeppe di qualità. Sono forse manovre di disturbo, ma sono credibili. Tolto dal mazzo Milano dove, se l’attuale sindaco dovesse ottenere la conferma, avrà vinto Sala e non il Pd, le spine dem si chiamano Roma, Bologna e Napoli. Il Pd e il campo largo sono messi piuttosto male ovunque.

Prendiamo Napoli, che da solo vale un terzo della partita, perché da sempre la città partenopea vuol dire Sud. A Napoli, proprio ieri, ha ufficializzato la sua candidatura Antonio Bassolino, ex sindaco, ex governatore, ex molte altre cose nell’universo della sinistra. In molte, meno che in una: è ancora uno popolare. Magari non vincerà, ma la candidatura autonoma di Bassolino avrebbe come effetto quello di uccidere in culla l’ipotesi Fico, l’unica in grado di tenere insieme già al primo turno, a Napoli, un accordo Pd-M5S. Se c’è in campo Fico, i dem possono non presentare un loro uomo (o donna, visti i tempi), con un carneade grillino qualunque tutto cambia. In sostanza Bassolino rischia, forse più che rischia, di far perdere il Pd.

Roma è per il Nazareno forse ancora peggio. Candidati di spessore non ce ne sono e, se vuol togliersi la nomea del partito della ztl, Letta non può candidare con tranquillità l’ex ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Pare che i dem attendano con ansia le mosse di Nicola Zingaretti, che però ha tre controindicazioni evidenti: è uscito male dalla segreteria Pd, da perdente, e la gente in cabina elettorale non premia i perdenti; stanno venendo fuori carte non bellissime su una presunta parentopoli Pd tutta interna alla Regione Lazio; infine Zingaretti candidato dovrebbe lasciare la poltrona di governatore, rischiando di consegnare al centrodestra la Pisana, oltre al Campidoglio. Un filotto che Letta non può permettersi. C’è quindi l’opzione che Renzi sta spingendo, Calenda, che però i dem non gradiscono, perché non è uno dei loro, in particolare di quell’area sinistra del partito che nel Lazio, con Bettini, comanda. Anche se Calenda è uno dei pochi che adeguatamente sostenuto potrebbe battere il centrodestra.

L’ultima spina è Bologna, dove i dem rischiano molto. Il partito è diviso al proprio interno, si parla di primarie, e i nomi emersi fino a ora sono tutti interni alla nomemklatura cittadina. In questo scenario è arrivata la mossa di Renzi sulla Conti. Candidatura innovativa, di rottura, ma proprio per questo divisiva. E si sa che nel partitone non amano le sorprese.

Infine c’è il centrodestra, il cui ragionamento si racchiude al momento in poche righe: al di là delle dinamiche interne, è chiaro che si attendono le mosse dell’avversario. Un conto a Napoli, per esempio, è sfidare un Fico "unitario", un altro un campo frastagliato; come a Roma un conto è Zingaretti, Calenda e la Raggi o solo Zingaretti o solo Calenda. Solo quando i detentori del titolo avranno deciso i loro campioni, anche gli sfidanti scenderanno sul serio in campo.