Bare sospese nel vuoto Nuovo crollo al cimitero Sfregio agli affetti più cari

Migration

di Marco Buticchi

Le religioni si prendono la briga d’insegnare all’umanità a vivere. Buona parte di queste si

occupano anche del prosieguo della vita in terra, costellando l’eternità d’inferni o paradisi, vergini, reincarnazioni o buio assoluto. Credo, però, che un augurio finale accumuni ogni credenza: "Riposa in pace".

Così componiamo i nostri cari e li vegliamo per devote generazioni. Nel silenzio di un cimitero sussurriamo loro come se potessero ascoltarci, attendiamo un segno, ci confidiamo, speriamo in un piccolo aiuto per meglio affrontare questa valle di lacrime. Non so se il camposanto sia il miglior trampolino per raggiungere l’eterna pace. So per certo che, a quei corpi che ci hanno regalato insegnamenti e vita, affetto e conoscenza, dobbiamo il più grande rispetto di cui siamo capaci. Anche se non sono più tra noi. E questo non vale solo per chi, affranto, magari ancora s’inginocchia davanti a una lapide. La venerazione per i defunti è un dovere per tutti. Anche per chi, magari in un ufficio comunale, chiude un occhio sulle modalità di costruzione di un cimitero. "Tanto", dirà forse, "ormai non si accorgono più di nulla". Così il camposanto della ‘mia’ Camogli sprofonda in mare, in un macabro galleggiamento alla deriva di bare senza nome. Stessa sorte a Poggioreale, con i feretri in bilico sul vuoto. La paura è che i vivi non si prendano più di tanto la grana d’indagare suoi morti e che eventuali errori costruttivi finiscano nell’ossario dei dimenticati. Eppure a quelle bare offese dobbiamo il nostro futuro. Indignarsi di fronte all’oltraggio è inutile. Meglio cercare di fare luce, se mai ci fossero responsabilità, su chi ha infangato le nostre radici. Un insegnamento, però, bisogna trarlo da questi fatti: rispettare il passato è condizione per affrontare il presente. Se solo i grandi conoscessero, rispettassero e amassero ciò che è stato, quante malvagità in meno si vedrebbero ogni giorno…