Bare accatastate e niente cremazioni. Il caro estinto non riposa in pace

Roma in tilt per i decessi causati dal Covid, anche a Palermo la situazione è critica. La disperazione dei parenti

Bare in attesa di sepoltura

Bare in attesa di sepoltura

Roma, 19 aprile 2021 - Nell’era di Virginia Raggi, a Roma è diventato un problema persino morire e trovare sepoltura. Il Covid ha aumentato i decessi (da ottobre 2020 a marzo 2021 sono stati registrati 4.763 decessi in più rispetto agli analoghi mesi del biennio 20192020, ovvero il 30%), ma il problema è che la giunta a 5 Stelle della Capitale, pur conoscendo l’inadeguatezza e le carenze strutturali dei cimiteri romani, non ha mai preso alcuna decisione. E adesso il collasso è arrivato. Con gli operatori delle onoranze funebri che restano spiazzati, così come le famiglie, quando si sentono rispondere che le cremazioni sono "impossibili" e che quindi verranno privilegiati altri tipi di sepoltura (in terra o nel loculo), quasi sempre più onerosi. E con tempi comunque biblici. Qualche giorno fa un figlio disperato, Oberdan Zuccaroli, ha pensato bene di urlare tutta la sua frustrazione sui muri di Roma con dei maxi manifesti: "Scusa mamma se non riesco ancora a farti tumulare". La salma della madre, morta a 85 anni l’8 marzo scorso, ma prima ancora quella della zia, deceduta a gennaio, giacciono ancora nel deposito del cimitero romano di Prima Porta.

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Anche a Palermo, a dire il vero, c’è una situazione simile, con il Comune che sta cercando terreni privati per fronteggiare l’emergenza cimiteriale ottenendo nuovi spazi per le sepolture, ma nulla di paragonabile al disastro della Capitale, dove gli ampliamenti dei forni crematori indicati come necessari per sopperire all’intera richiesta cittadina erano stati deliberati dalla giunta già nel 2017, ma sono rimasti lettera morta.

Con episodi raccontati dalle famiglie, già prostrate dal dolore delle perdite, davvero agghiaccianti. Come i depositi talmente pieni da costringere Ama a noleggiare alcuni container per conservare le salme in attesa di cremazione o bare non zincate, perché destinate appunto alla cremazione, che si sfaldano, lasciando fuoriuscire molto di più del semplice cattivo odore della decomposizione. "Le famiglie si sentono abbandonate – denunciava qualche giorno fa la romana Simona Baldassarre, eurodeputata della Lega –. La sindaca Raggi assieme alla sua giunta dovrebbe oggi avere almeno la dignità di dimettersi". Oggi anche Carlo Calenda, candidato sindaco di Roma, sbatterà i pugni sul tavolo, parlando ai romani dello stato dei cimiteri che insieme alla questione rifiuti diventerà senz’altro un elemento pesante della prossima campagna elettorale per la conquista del Campidoglio, soprattutto perché all’orizzonte non si intravede alcuna soluzione a breve. A oggi si parla di almeno quaranta giorni prima di ottenere anche l’autorizzazione a raggiungere i forni crematori liberi di altre località, luoghi lontani che rischiano di venir conosciuti solo per questo, tipo Domicella, in provincia Avellino, Montecorvino Pugliano, in provincia di Salerno, se non addirittura Carpanzano, in provincia di Cosenza. "Sono mesi che solleviamo il problema ma, nessuno ha mosso un dito", denunciava giorni fa sulla stampa Valter Fabozzi, titolare dell’agenzia funebre Eugenio Fabozzi. Ovviamente questa macabra odissea non è neppure gratis, perché il trasporto della salma ‘in trasferta’ si paga. Caro. Si va dagli 800 ai 1.500 euro in più, a seconda di dove si trovi l’impianto che dà la disponibilità. E se per caso è la Calabria, la cremazione può costare più del funerale. Per il cimitero Flaminio Prima Porta a Roma, l’unico a essere dotato di forno crematorio, Ama (la municipalizzata dei rifiuti che gestisce anche i cimiteri, ndr) aveva già stabilito mesi fa un un limite massimo di 200 cremazioni a settimana per il sovraffollamento delle bare dopo che, a febbraio scorso, i carabinieri avevano dato esecuzione a un provvedimento di sequestro di una parte dell’impianto per il rinvenimento di gravi irregolarità come urne rotte, ossa sparse ed escrementi. E tutto questo l’amministrazione capitolina lo sapeva benissimo, compreso il fatto che l’aumento dei morti per Covid avrebbe reso ingestibile la situazione, con centinaia di bare ammassate nei magazzini. Non è stato fatto nulla, così adesso ci sono oltre 2mila bare in attesa. E nessuna idea di come uscirne.