"Bande accecate dalla rabbia. Ora ci sono anche le ragazze"

La presidente del Tribunale dei minori di Milano sull’allarme baby gang "La pandemia ha accentuato tante situazioni di disagio: Serve la prevenzione"

Gli accerchiamenti, le minacce con i coltelli, le rapine. I raid delle baby gang tengono da settimane i riflettori della cronaca puntati sull’escalation di violenza giovanile. A Milano, l’Istituto penale per i minorenni Cesare Beccaria è al completo, con oltre 30 detenuti in una struttura “a capienza ridotta“ per via dei lavori di ristrutturazione in corso da anni e per le regole anti Covid che hanno ulteriormente limitato gli spazi a disposizione. Ma "a preoccupare è soprattutto l’esplosione di rabbia da parte dei ragazzi. L’obiettivo non è il bottino ma esprimere la rabbia attraverso la violenza", sottolinea Maria Carla Gatto (foto), presidente del Tribunale per i minorenni di Milano. Una problematica che riguarda non solo il capoluogo lombardo e che porta alla luce un disagio giovanile, acuito dal periodo di pandemia.

Rispetto al periodo pre pandemia è aumentato il numero delle custodie cautelari emesse nei confronti di minori?

"Facendo un confronto tra il primo mese e mezzo del 2022 e lo stesso periodo del 2020, si nota che non è aumentato il numero delle misure, ma il numero dei ragazzi coinvolti. Mi spiego: prima le richieste riguardavano singoli o coppie mentre adesso i provvedimenti coinvolgono più ragazzi, dai 5 in su. Ecco perché c’è stato un incremento. La situazione personale e familiare dei minori e la loro modalità di agire ha giustificato l’applicazione della custodia cautelare in carcere".

Perché i minori arrestati in flagranza vengono accompagnati in strutture fuori Milano?

"Perché il Centro di prima accoglienza presso il Beccaria, cioè lo spazio in cui sostavano i ragazzi arrestati in attesa dell’udienza di convalida, è stato trasformato in “reparto di isolamento Covid“ per i giovani detenuti".

C’è bisogno di nuovi posti?

"Non punterei a questo. Il vero problema non è creare nuovi posti, ma attivare interventi di efficace prevenzione e supporto sul territorio. Il sistema sicurezza e il sistema giustizia funzionano, e lo dimostrano i fatti, dato che i ragazzi presunti autori di reati vengono identificati e arrestati. Non funziona altrettanto bene il sistema di politica sociale: l’attenzione degli adulti deve essere rivolta a intercettare il disagio dei giovani accentuato da questo lunghissimo periodo di pandemia, in cui sono stati costretti all’isolamento sociale e ad altre restrizioni. I fatti commessi evidenziano che l’obiettivo dell’azione delittuosa non è il bottino, che quando c’è è di entità modestissima, ma è il mero agire con rabbia e violenza".

Ultimamente si è notata anche la partecipazione di ragazze, come parte delle baby gang. Come inquadra il fenomeno?

"La partecipazione di ragazze giovanissime e incensurate è un fenomeno del tutto nuovo e come tale preoccupante".

Perché agire “in branco“?

"Non trovo adatta la parola “branco“. I ragazzi si aggregano occasionalmente, non creano delle bande strutturate e agiscono insieme perché questo è deresponsabilizzante ma anche indice di scarsa consapevolezza e accresciuta fragilità".