Mercoledì 24 Aprile 2024

Auto elettrica, le colonnine ci sono. Ma in autostrada è quasi un tabù

I principali ostacoli per l’uso dei nuovi veicoli sono i punti di ricarica. E mancano pieni veloci: ci vogliono almeno due ore per il via

Mobilità verde, i dati

Mobilità verde, i dati

Pronti, partenza… no, un attimo: ci siamo ricordati di lasciare l’auto in carica ieri sera? Con tutta questa voglia di staccare la spina, dato il periodo vacanziero, il rischio di dimenticare di attaccare alla presa quella della quattroruote, c’è tutto. La memoria, si sa, fa brutti scherzi. Meglio non fidarsi troppo, allora, se ci si sta per mettere in viaggio. A maggior ragione se si è scelto di bruciare i tempi della transizione ecologica optando per un veicolo elettrico con largo anticipo sulle mode e sugli obblighi dell’Unione europea. Decisione virtuosa, certo; una virtù da pionieri. Per raggiungere l’agognato Ovest di una mobilità elettrica pacificata, ci sono ancora un po’ di strada da fare e alcuni ostacoli da superare. Quali? L’autonomia, il deficit di infrastrutture, e, non da ultimo, la nostra mentalità.

La pianificazione

Partiamo dal principio, e diamo per scontato il ‘pieno’ di kilowatt. La batteria è carica, dunque. Le auto più moderne promettono un’autonomia di 500 chilometri. Su questa base, meglio non errare. Il doppio senso è voluto: darsi all’improvvisazione senza scegliere una meta né calcolare i tempi, potrebbe rivelarsi un errore. Se la meta è lontana, bisogna programmare una o più soste per fare rifornimento. A tal fine, ci vengono in soccorso applicazioni come A better route planner (Abrp), Enel X , BeCharge, Nextcharge e altre ancora. È preferibile non caricare troppo la macchina, comunque. Il fattore peso sfugge alle app, non alla batteria. Il tutto esaurito tra abitacolo, portabagagli e box sopra al tetto, accorcia il nostro viaggio.

Il fattore aria condizionata

Lo stesso dicasi per il climatizzatore, sia d’estate sia d’inverno. "Può capitare, in giornate da bollino nero, di ritrovarsi in coda sull’Autobrennero per ore sotto il sole – spiega Umberto Desideri, professore di Macchine termiche all’Università di Pisa –: tenendo l’auto accesa per far funzionare l’aria condizionata, si rischia di restare fermi lì". Incubo. Il sistema di rinfrescamento dell’abitacolo, infatti, è alimentato dalla batteria, la cui autonomia rischia di calare drasticamente se si imposta una temperatura troppo bassa. Per viaggiare più sereni, conviene non scendere sotto i 23 gradi. Saltando idealmente dall’estate all’inverno, occorre monitorare pure il termometro esterno. Sotto lo zero, infatti, peggiora l’efficienza. Insomma, si macinano meno chilometri.

Cercansi colonnine

E, giocoforza, cambia il programma. Per non finire in riserva, dobbiamo trovare una colonnina libera e funzionante. Teoricamente non dovrebbe essere difficile. A giugno 2022, il sito specializzato Motus-E contava 30.704 punti di ricarica nel nostro Paese. "In rapporto ai veicoli elettrici circolanti, l’Italia ne ha di più del Regno Unito, della Francia, della Germania e della Norvegia", si legge in calce ai dati. "Oggi non vedo congestioni alle colonnine, l’auto elettrica è appannaggio dei ‘ricchi’", conferma il professor Desideri. Non siamo messi male, dunque. Qualche problema, però, emerge approfondendo la distribuzione geografica. Al Nord se ne contano 17.497 (in Lombardia 5.080, in Emilia-Romagna 2.960), al Centro 7.122 (in Toscana 2.414, nelle Marche, 905, in Umbria 636), e al Sud appena 6.085. La questione meridionale si misura anche in kilowatt.

Il buco nero delle autostrade

C’è poi il vero ostacolo per chi ambisce a viaggiare in auto elettrica. Secondo il sito specializzato InsideEVs, sono appena 254 i punti di ricarica presenti sulle autostrade italiane. Pochi, pochissimi. Ciò significa che, per dissetare la batteria, spesso siamo costretti a uscire al primo casello utile. Peraltro, anche in questo caso vale la regola delle macchie di leopardo: più si avanza verso Sud, meno colonnine si trovano alle stazioni.

Volontà di potenza

Ad ogni modo, possiamo ragionevolmente essere certi di imbatterci in una colonnina entro pochi chilometri dalla nostra traiettoria. Tuttavia, una non vale l’altra. Nel 14,3% dei casi avremo a che fare con una potenza tra i 3,7 e i 7,4 kilowatt. Tradotto: ricarica lenta; dalle 5 alle 12 ore, secondo Enel X, che fa i conti considerando una batteria da 40 kilowattora. Tre colonnine su quattro mettono a disposizione degli utenti dai 7 ai 22 kilowatt, che garantiscono il pieno in due ore minimo. Poche le stazioni veloci (fino a 50 kilowatt), installate soprattutto su strade statali e autostrade; e quelle ultraveloci (fino a 350 kilowatt), per le quali i tempi di ricarica si riducono a una ventina di minuti. Pause molto più lunghe rispetto a quelle cui ci hanno abituato i vecchi motori a benzina e diesel.

Stazioni desolate

Ciononostante, intorno ai punti di rifornimento non sorgono ancora stazioni di servizio classiche. Nel nostro ipotetico viaggio, quindi, rischiamo di ritrovarci, magari di notte, ad aspettare un’oretta in un posto inospitale, in preda alla noia, e probabilmente fuori dalle vie principali.

Una questione di cultura

C’è poi una questione in qualche modo legata a una localizzazione meno sorvegliata. Nel nostro peregrinare può capitarci di trovare una colonnina fuori uso, non solo per un banale guasto, ma anche per l’inciviltà delle persone. E arrivarci con un’autonomia ridotta allo zero non è affatto gradevole. Urge, dunque, una transizione culturale.