Migranti, prove di chiusura al Brennero. Controlli, blocchi e code

Reportage dal confine con Austria e Germania. Ira di camionisti e imprenditori

Soldati austriaci in tenuta antisommossa al Brennero (Ansa)

Soldati austriaci in tenuta antisommossa al Brennero (Ansa)

Brennero (Bolzano), 11 luglio 2018 - In un minuto passano sei auto, tre camper, un fuoristrada con barca al seguito. Chi è alla guida vede la polizia e l’esercito, d’istinto rallenta. Qualcuno inchioda perché non capisce, cos’è questa novità? Il colpo d’occhio decide, per le targhe di certi Paesi – anche Serbia e Russia – c’è qualche attenzione in più. Le mani danno il via libera o bloccano. Un agente ferma l’autista di un furgone olandese. Accosta più avanti, lo vanno a controllare in due. Valico del Brennero sull’autostrada, a fianco dell’area di servizio che per poco è già Austria. I tir hanno una corsia dedicata. La coda è soprattutto di là, al confine con la Germania. Dalla parte nostra, rallentamenti anche sulla statale, affollata di turisti. Un gruppo di motociclisti italiani mangia patate al chiosco, siamo ancora sotto Bolzano, il blocco è poco più avanti. «Non ne sapevo niente – ammette uno – ma questa è tutta politica. Noi siamo qui per stare in pace».

A metà pomeriggio una macchinata di ragazzi con zaini e treccine viene fermata e controllata puntigliosamente. Guai ad avvicinarsi. I clandestini però non si vedono. Le autorità spiegano che tutto questo è dovuto a motivi di sicurezza, a Innsbruck inzia il vertice sui migranti, bisogna proteggere i ministri della Ue. Ma la gente traduce: sono le prove generali per la chiusura dei confini. Poco importa che i blocchi siano solo fino a venerdì notte (per ora). Lorenz Paul Oberhuber, giovane albergatore di Colle Isarco che ha votato Salvini, la vede così: «Il cancelliere Kurz teme di trovarsi in mezzo tra l’Italia che non prende più indietro gli immigrati e la Germania che pure si è stufata e minaccia di rispedirceli. L’ha sempre detto, lui vuole proteggere le frontiere». Insomma, più che difendere Salvini dagli antagonisti – è in programma una manifestazione a Innsbruck – pare piuttosto che il giovane Cancelliere voglia tenergli testa. Lorenz Paul interpreta un pezzo di frontiera che ha votato Lega anche perché teme un esodo biblico. «Il ministro sta dicendo che bisogna fermare queste navi, ha ragione, era ora. Se laggiù capiscono che non possono più venire qua, non partono nemmeno. Poveri loro, ma non possiamo prenderli tutti». 

Kurz non è nuovo alle prove di forza. Qualche settimana fa ha schierato centinaia di agenti al confine con la Slovenia, esercitazione generale di respingimento, gli allievi della scuola di polizia nella parte di finti migranti.  È una guerra di nervi ma anche economica. La cosa certa è che dal Brennero passano 15 milioni di mezzi all’anno, due milioni sono tir che trasportano merce per 40 milioni di tonnellate. Stefan Pan – il più grande produttore al mondo di strudel, tra i vicepresidenti di Confindustria – premette: «L’apertura delle frontiere ha creato la ricchezza di oggi». Quindi elenca: «Ogni giorno transitano dal valico 8mila tir, se li mettiamo in fila fanno una catena di cento chilometri. Basta una percentuale: l’industria degli ingranaggi italiani esporta oltre il 60% dei prodotti in Germania. Se chiudiamo i confini, avremo blocchi e code infinite. Non solo. Crollerà la capacità produttiva europea. E perderemo competitività verso Cina e Stati Uniti. Il Brennero è l’arteria principale che collega il cuore industriale dell’Europa, mette insieme le due manifatture più grandi, Italia e Germania. E se in un organismo si blocca l’arteria, arriva l’infarto». Nebojsa Cairovic, camionista serbo, in mattinata fa una pausa nell’area di servizio di Trens, a 20 chilometri dal Brennero. Trasporta latte, è diretto in Germania. Non sa ancora niente dei blocchi. Seccato, «così perderò tempo, prima qui e poi al confine di là. Ma perché lo fanno? Io di clandestini non ne vedo». 

I numeri delle forze di polizia raccontano di massimo due casi al giorno di irregolari che provano ad arrivare in Austria, non più di uno che tenta di tornare via. Ma sulle dimensioni del fenomeno le bocche sono cucitissime. Alla stazione ferroviaria del Brennero ogni giorno sono di turno poliziotti soldati e carabinieri – l’Italia non ha sospeso Schengen, quindi i controlli non possono essere sui confini, restano nelle retrovie – ma anche gli attivisti di Volontarius. La Onlus ha un ufficio di accoglienza in paese, i mediatori fanno la spola tra quella base e i binari. Un ragazzo pakistano è in attesa di rendersi utile. «Diamo supporto umano alla polizia, non è un conflitto». Si ferma un treno diretto a Bologna, gli agenti salgono per i controlli. Una pattuglia di soldati resta sui binari. Anche da qui il Brennero è un sorvegliato speciale. Tutti si ricordano ancora fin troppo bene il maggio di due anni fa, gli scontri con i black bloc che lasciarono sul campo 18 feriti in divisa. «Siamo qui per quegli italiani cattivi», si fa capire un poliziotto austriaco ai ‘tornelli’ sull’autostrada. Il tempo dirà.