Mercoledì 24 Aprile 2024

Aumentano i miliardari. E gli italiani si incattiviscono

Tommaso

Strambi

Aumentano i miliardari italiani. In pochi anni sono passati da meno di 40 a oltre 50. E gli altri cittadini del Bel Paese come la prendono? Non bene. Secondo l’ultimo sondaggio realizzato dall’istituto Swg questa notizia non lascia indifferenti i nostri connazionali che esprimono emozioni negative: rabbia, tristezza, frustazione. "Rancore pervasivo – osservano a Swg – che trova i suoi focolai nella base dei 5 Stelle, nei ceti medio-bassi e nelle periferie urbane". E, in effetti, se guardiamo al fatto che negli ultimi venti anni, gli stipendi medi sono rimasti al palo si tratta di una reazione comprensibile. Non solo. Lo diventa ancor di più se aggiungiamo che anche l’ascensore sociale risulta bloccato, come segnalano da tempo gli studiosi, rispetto a quanto avveniva negli anni Sessanta e Settanta.

Ma è l’unica lettura possibile? L’invidia, la rabbia, la frustrazione alimentano le strofe di trapper più in voga tra gli adolescenti che cercano tra quelle parole una forma di riscatto. E, anche, una scorciatoia. Ma il nodo di fondo è un altro. Se è vero che i nostri figli (liceali di oggi) domani, nell’80% dei casi, faranno lavori che attualmente non esistono con nuove opportunità economiche, il tema è che alle nostre latitudini si continua a guardare alla ricchezza come a qualcosa di negativo. Di "sporco". Quasi certamente frutto di una qualche "ruberia". E non invece come avviene in altre culture (non solo liberali) come affermazione della propria capacità, del proprio impegno e ingegno (anche nel campo delle arti e della cultura).

Un retaggio dovuto, in parte, alla nostra tradizione cattolica ("Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio" si legge nel Vangelo di Luca) a differenza di quella calvinista (in cui il lavoro equivale a lodare Dio e la ricchezza è la ricompensa divina). Che, poi, a pensarci bene, se andiamo a rileggere le opere di Michael Novak, teologo cattolico e politologo americano ("la comunità di imprenditori che attraverso la sussidarietà ridistribuisce la ricchezza") o le sollecitazioni di San Josemaría Escrivá de Balaguer ("il lavoro come via verso la santità") non sono del tutto avulse anche dalla dottrina sociale cattolica. Forse, allora, più che lanciare le monetine (vi ricordate l’Hotel Raphael e l’autoassoluzione degli italiani rispetto ai mariuoli?) dobbiamo riscoprire i modelli a cui ispirarci e impegnarci a emularli. Perché alla fine dall’invidia non nasce mai nulla. Tantomeno la ricchezza.