Recovery Fund, attorno ai soldi il solito balletto che blocca tutto

Riepiloghiamo. L’Italia è uscita bene dal negoziato di Bruxelles perché per la prima volta riceverà dall’Europa più soldi di quanti ne versa. Ma ci sono alcune questioni da chiarire. 1) I 209 miliardi del Recovery Fund arriveranno a partire dalla seconda metà dell’anno prossimo sulla base del rispetto di un piano preciso che dovremo presentare entro ottobre. I 37 miliardi del Mes arriverebbero subito e basterebbe spedire a Bruxelles il rendiconto delle spese per l’ammodernamento del sistema sanitario. Al di là delle pregiudiziali ideologiche, fortissime soprattutto nel M5S, non si può escludere che le resistenze di Lega e Fratelli d’Italia al Mes dipendano da un timore.

Il timore che – una volta andati al potere – si vedano ripescare vecchie condizioni dei trattati, oggi sopite per l’emergenza Covid e per la presenza a Roma di una coalizione più europeista.

2) Ottobre è domani mattina, ma c’è nella maggioranza una profonda divisione su chi debba gestire questa enorme massa di denaro. Conte vorrebbe provvedere in proprio con un ristretto numero di ministri. Il Pd teme che il Tesoro venga indebolito, mentre è forte – in una parte della maggioranza e nel centrodestra – la richiesta di un coinvolgimento parlamentare dell’opposizione.

3) Tutto questo avviene mentre in modo sempre più scoperto il partito di Renzi e l’ala del M5s che fa capo a Di Maio vogliono fare la festa al presidente del Consiglio, puntando su un nuovo governo che parta da una eventuale sconfitta del Pd alle prossime regionali.

4) Non c’è per ora quasi nulla sui tempi e i modi con cui attuare le grandi riforme di sistema che rendono il nostro paese più arretrato degli altri. Mentre si rinuncia a piccoli aggiustamenti che consentirebbero di arginare la forte disoccupazione attesa per l’autunno e non risolvibile con una cassa integrazione perpetua. In tutto il mondo le grandi opere dell’edilizia si realizzano lavorando su tre turni, come è avvenuto per il ponte di Genova. Alla mia domanda sulle ragioni che ne impediscono un uso generalizzato, Piero Salini – il maggiore costruttore italiano – ha risposto che l’opera costerebbe il 6 per cento in più e che lo Stato non intende spenderlo. Costruire un’opera in un terzo del tempo ordinario (dalla grande infrastruttura alla riparazione di una strada) non darebbe all’occupazione e all’economia una spinta largamente superiore alla maggiore spesa?