Martedì 23 Aprile 2024

Attore, mercenario, sportivo e spia La vita da film del soldato Moneta

È scomparso a 85 anni. Nato a Fiume è cresciuto a Macerata. Approdato per caso sul set grazie alla sua Rolls Royce

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di Paola Pagnanelli

Sportivo, attore, mercenario nella giungla del Congo e imprenditore. Ci sono mille vite in quella vissuta dal maceratese Tullio Moneta, morto giovedì sera a 85 anni. Dalla giungla a Hollywood, passando per colpi di stato e missioni segrete, una delle quali ispirò il celebre film I quattro dell’oca selvaggia, con il suo spirito di avventura ha attraversato in leggerezza i contesti più disparati. Nato a Fiume, arrivò a Macerata a 7 anni dove rimase fino al 1957 per poi traferirsi in Umbria. Il fisico prestante lo aveva fatto mettere in luce nel lancio del peso, ma invece dei giochi olimpici, grazie alla conoscenza di inglese e francese ottenne l’assunzione in una società commerciale francese, e nel 1961 fu mandato in Sierra Leone.

"Coprivo la costa occidentale dal Senegal al Gabon – raccontava –. Negli anni Sessanta l’Africa era un posto bellissimo". In occasione di un viaggio in Sudafrica, nel 1964, si innamorò di quel Paese e decise di rimanere lì. Conobbe Luigi Tozzi, che aveva lavorato con il regista Gualtiero Jacopetti nel film Africa addio; Moneta aveva una grossa auto americana, che Tozzi volle portare in Congo per un altro film. "In Congo c’era la guerra. Venni a sapere che Mike Hoare del Quinto comando, a Leopoldiville, l’attuale Kinshasa, cercava un interprete di francese e inglese, e decisi di arruolarmi con lui". Entrato nell’Armata nazionale, fu addestrato con i parà belgi, al comando di ufficiali britannici, rodesiani e sudafricani, contro i ribelli Simba, tra agguati, battaglie campali e assedi. "Una volta mi sono svegliato con un soldato che mi puntava un Ak-74 contro, due volte mi hanno dato per morto. Però mi piaceva combattere, era la mia natura. Poi c’erano anche gli ideali, ho sempre voluto difendere l’Occidente e l’Europa contro il marxismo. Ma la molla più forte era lo spirito di avventura".

Finita la guerra in Congo e sciolta l’Armata, Moneta tornò a Johannesburg. Aveva una Rolls Royce, e anche quella volta fu l’auto a riportarlo davanti alla telecamera: gli chiesero di usarla, e lui si ritrovò coinvolto in una serie di film. Conobbe così Rossano Brazzi, Jack Palance, Roger Moore, Tippi Hedren, Richard Burton e Don Ameche. "Ho avuto piccole parti – raccontava –, sono stato a Hollywood, ma mi annoiavo a morte". In quel periodo, le avventure vissute con il colonnelllo Hoare in Africa ispirarono I quattro dell’oca selvaggia, per il quale lui e lo stesso Hoare furono consulenti militari. Ma anche durante quegli anni, Moneta era rimasto operativo, lavorando per l’intelligence in Russia, nei Balcani e in Medio Oriente. E nel 1981, con Hoare, fu richiamato per una missione clamorosa alle Seychelles. "C’era stato un colpo di stato, e uno spostamento a sinistra che preoccupava qualcuno. A Mike Hoare e me chiesero di rimettere in carica il presidente filo occidentale, che era stato deposto dal vice. Fummo arrestati per pirateria aerea, condannati e rimessi in libertà grazie alle trattative internazionali". Tornato in Sudafrica, ha avviato diverse attività e ha avuto due figli. Malgrado le sofferenze fisiche, nel 2015 si era iscritto all’università, aveva ritrovato vecchi amici e trovato nuove conoscenze, tutte affascinate dai racconti della sua vita. Giovedì sera Moneta è morto all’ospedale di San Severino, mettendo la parola fine al film più incredibile di tutti: la sua vita.