Sabato 20 Aprile 2024

Attacco finale di Renzi: "Non c’è più tempo". Governo in crisi, ma Conte prova a resistere

Scontro durissimo. Italia viva: "Siete bugiardi e ipocriti, così rompiamo". Muro di gomma del premier: "A giorni nuovo confronto"

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Il detonatore della crisi è innescato, ma l’esplosione è rinviata di qualche giorno. Finché cioè Renzi e i suoi non avranno in mano il testo completo del Recovery plan: "È tempo di correre, daremo una risposta in 24 ore", l’aut aut di Italia Viva nel vertice di maggioranza convocato ieri sera a Palazzo Chigi dove sono volati gli stracci. Con gli esponenti di Italia viva ad urlare: "Siete bugiardi e ipocriti: create le condizioni per la rottura". E il ministro Gualtieri ad accusarli di aver fatto un lavoro "sommario". E d’altra parte nell’esito positivo non ci sperava nessuno. Il progetto iniziale di un confronto tra capi delegazione era stato allargato anche agli ’esperti’ dei partiti in materia: oltre al padrone di casa e ai ministri Provenzano, Amendola e Gualtieri, ci sono Franceschini, Orlando e D’Elia per il Pd, Bonafede, Castelli, Agea per M5s, Speranza, Fornaro e De Petris per Leu, mentre Iv è rappresentata da Bellanova, Boschi e Faraone.

Zingaretti blinda Conte

Mai rottura fu tanto annunciata: il copione è stato rispettato alla lettera. I renziani bocciano le "13 paginette" del Recovery. Rimettono sul tavolo le loro 62 proposte, accusano Gualtieri di essere stato "provocatorio" nei loro confronti e martellano sul Mes ("Conte devi dire sì o no"). A rilanciare il tema della delega ai servizi ci pensa dagli schermi di Retequattro Matteo Renzi: "Quello italiano è l’unico premier che l’ha tenuta per sé".

Conte replica difendendo il buon lavoro di mediazione realizzato con la bozza e promette un imminente vertice per concordare assieme punto per punto un patto di legislatura: "Nei prossimi giorni vi convocherò per definire la lista delle priorità per arrivare al 2023". È anche questa una parte già scritta: "Sono mesi che lo sollecitiamo – replica Renzi – non c’è più tempo".

Le possibilità di ricucire evitando il passaggio di crisi erano già svanite in mattinata. Quando la Bellanova aveva tagliato corto: "Il premier dovrebbe prendere atto che questa esperienza è al capolinea e dire se siamo in grado tutti di ripartire". Una sentenza che tuttavia lascia le porte aperte, o almeno socchiuse, a un Conte ter. Che sarebbe molto diverso dal governo in carica nella struttura e nei poteri se non nel nome del premier. È proprio quello che Conte vuole evitare, non solo perché non si fida – e non fa nulla per rassicurarlo il Renzi che dichiara "con o senza Conte, voglio un esecutivo che dia un futuro al Paese" –, ma anche perché l’idea di vedersi ’commissariato’ non gli piace affatto. E ora tuttavia Iv non ritirerà la delegazione di governo aprendo formalmente la crisi.

Renzi aspetta il consiglio dei ministri che licenzierà la bozza (lunedì o martedì): solo a quel punto la bomba a orologeria innescata ieri esploderà. Il Pd insiste per rinviare, nella speranza che in questi pochi giorni si possa produrre quell’"iniziativa" che Zingaretti chiede da una settimana a Conte. Formula vaga, contenuto preciso: un vertice dei leader nel quale mettere a punto i passaggi concreti per un rilancio del governo.

Eccoli: cessione della delega ai servizi, sblocco della situazione su un Mes al quale accedere parzialmente e avvio concreto della trattativa sulla governance del Recovery. Fin qui, Conte ha sempre fatto orecchie da mercante e questo spiega i toni meno ultimativi di quanto lo stesso premier si augurasse nella relazione che ieri ha tenuto Zingaretti alla direzione del Pd. Difesa del governo e della maggioranza sì, ma senza calcare la mano. Ora l’impegno assunto ieri sera sembra invece indicare che il vertice ci sarà. Ma che, a questo punto, possa evitare la crisi è quasi impossibile. Una volta consumatosi il rito del ritiro delle ministre renziane, si avvierà un percorso che appare tanto al buio quanto l’esito della stessa crisi.